Il nostro gioco è una bellissima storia di amicizia, generosità e coraggio; un manifesto di come il vero potere si ritrovi negli occhi di un bambino, nella sua anima pura ed intatta e in quella ferma volontà di amare profondamente chi è stato condannato, senza colpe, dall'ignoranza inspiegabile dei grandi.
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Apr 8, 2015, 2:47 PM

3.5 stelle

Mi risulta un po' difficile dare un voto a questo libro, non perché sia brutto ma per l'argomento trattato.
Credo sia difficile scrivere di un periodo storico così delicato e orribile come la seconda guerra mondiale (o meglio, la guerra in generale) e credo che sia anche più difficile leggerlo.

Ilaria ci racconta la vita-non vita di due bambini ebrei romani, Davide di 12 e Flaminia di 5 anni, abbandonati a loro stessi a causa della persecuzione razziale che coinvolge anche i loro genitori.
Davide deve salvare l'infanzia della piccola Flami dalla crudezza della guerra e lo fa in un modo che solo i bambini conoscono: giocando.
Continuando il gioco iniziato dai genitori, Davide gioca a nascondino con Flaminia portandola in posto bui e malsani, mangiando quelle poche cose trovate qua e là e sperando di non essere trovati dai tedeschi che ormai hanno invaso Roma.

Ma una sera, dopo essersi rifugiati in una cantina per diversi giorni, un ragazzino apre la porta e li vede: Enrico ha 12 anni ed è figlio unico in una famiglia della borghesia romana, alleata ai tedeschi per non soccombere.
Enrico prende a cuore i due bambini e decide di rischiare la propria vita (e il buon nome della sua famiglia) trovandogli un rifugio e pasti sicuri: dentro casa sua.

Dalla paura di essere presi (e probabilmente deportati) dai tedeschi, ora i bambini hanno paura di essere trovati dai genitori di Enrico. Ma nonostante la differenza apparente che li separa, i tre bambini si ritrovano presto amici per la pelle, uniti da quell'unico sentimento che non vede colore della pelle o il credo: l'amore fraterno.

Una storia commovente che mostra, con la finzione, che dai più piccoli e genuini gesti, si può davvero cambiare le sorti di chi è più in difficoltà di noi. E ce lo insegna proprio chi, nella vita, è il più indifeso: i bambini.

Una cosa che mi ha lasciata un po' "neutrale" è stato il registro linguistico usato: la storia è raccontata dal punto di vista di Davide però, leggendo, non sembra di leggere il pensiero di un dodicenne ma di una persona più matura. Non mi sento di criticare Ilaria per questo; un po' sarà stato voluto, un po' no ma credo che sia un linguaggio plausibile, considerato che i bambini a contatto con situazioni simili siano costretti a maturare più velocemente...


Tirando le somme: una lettura piacevole nonostante il tema trattato che, a dire il vero, non mostra il lato più crudele ma rimane a fare da contorno alla vicenda

Jun 20, 2015, 5:12 PM