La Vergine di Argilla

Non capisco come nell'introduzione (scritta tra l'altro dall'esperto Gianfranco de Turris) si possa accostare questo libro ai classici del genere quali "Solomon Kane" di Robert E. Howard. Per non parlare dell'ultima storia, che de Turris paragona nientemeno all'assedio di Minas Tirith.
Non parlo con l'ottusità del lettore nostalgico, perchè ho letto altri libri di autori italiani usciti recentemente che reputo ottimi, affatto inferiori ai più blasonati scrittori stranieri. Ma quando si tenta di scimmiottare senza troppa personalità un genere e i mostri sacri che lo hanno reso grande, allora si rischia di fare un sonoro tonfo.
E' questo, a mio avviso, il caso di "Alasia. La Vergine di Ferro". La prosa vuole essere retrò al fine di rafforzare l'immedesimazione nel periodo storico di riferimento: l'Italia del XVI secolo. L'ambientazione è affascinante, così come la protagonista. Sebbene la tematica di fondo sia ormai un clichè, l'autore affossa ulteriormente il coinvolgimento del lettore banalizzando le situazioni e i dialoghi, che a conti fatti restituiscono un'atmosfera piatta e priva di mordente. Alla medesima conseguenza porta lo stile di scrittura farraginoso (spiccano refusi e punteggiature imprecise), dispersivo e poco incisivo, la cui ricercatezza risulta più forzata che funzionale.
Davvero un peccato. Ho acquistato questo libro (complice anche la splendida copertina di Vincenzo Pratticò) con la speranza che mi regalasse un'evasione letteraria nei suggestivi reami dell'Heroic Fantasy, e invece....

Jul 23, 2017, 6:42 PM