Si inserisce perfettamente nella tradizione francese

Amore, vita reale, speculazione filosofica. Ottima anche la traduzione.
Eppure c'è qualcosa che non mi convince, anche se non a livello stilistico, che quello è veramente ottimo.
Direi che ti lascia perplesso quella incredibile elementarietà che è la base del pensiero fascista. Perché non bisogna dimenticare che La Rochelle è stato non fascista, addirittura nazista.
Peccato, perché il libro è buono e la scrittura ottima.

Dec 29, 2024, 12:56 PM

Pierre Drieu La Rochelle è stato uno scrittore francese decisamente interessante: volontario sul Fronte Occidentale (ne testimonierà nei racconti de "La commedia di Charleroi"), fiancheggiatore non sempre convinto di Dada prima e del Surrealismo poi, si sposta in seguito su posizioni decisamente fasciste e collabora con gli invasori tedeschi - è probabilmente, con Céline, il più illustre, intelligente e letterariamente valido fra i collaborazionisti, ma, a differenza di Céline, cane sciolto, si compromette con incarichi ufficiali - finirà suicida dopo la Liberazione e prima che i partigiani mettano le mani su di lui ("Siate coerenti con l'orgoglio della Resistenza come io lo sono stato con quello della Collaborazione; non barate come non baro io: condannatemi alla pena capitale. Abbiamo giocato ed io ho perduto: esigo la morte" - scrive in una delle ultime lettere rivolgendosi ai liberatori, fra i quali il fraterno amico Malraux avrebbe certamente cercato di salvarlo...). Sul suicidio dell'amico Dada Jacques Rigaut scriverà nel 1931 il suo capolavoro assoluto, "Fuoco fatuo", trasposto da Luis Malle nel 1963 in un omonimo, splendido film. Questo "Gilles", romanzo monumentale largamente autobiografico, scritto nel 1939, non raggiunge minimamente le vette del breve e chirurgico "Fuoco fatuo", troppa carne al fuoco e una certa dose di retorica inceppano lo stile cristallino dell'autore (forse è la causa sbagliata a cui si consacra a immiserire un uomo e un artista molto più grande delle sue idee...). Gilles è Drieu, Gilles è il Pierrot del quadro di Wattau esposto al Louvre: dalle trincee al matrimonio di interesse, la debouche del dandy che passa da una donna all'altra senza riuscire mai a possederne "davvero" nessuna ("L'uomo coperto di donne" è un altro dei romanzi di Drieu, uomo bello e affascinante eppure profondamente solo, e il protagonista si chiama ancora Gilles), la sua carriera nel mondo della politica e il suo crescente disgusto per la democrazia parlamentare corrotta, la velenosa rappresentazione caricaturale degli ex amici surrealisti (in particolare Breton ed il rivale in amore Aragon, ingiustamente infamati nelle pagine più spietate del romanzo), infine l'adesione incondizionata al fascismo come una missione mistica e il palingenetico ritorno all'azione diretta sul fronte franchista nella Guerra Civile spagnola. Non mancano pagine notevoli, per fortuna, ma nell'insieme il romanzo non funziona: è disarmonico, ampolloso e, quel che è peggio, forzatamente "a chiave". L'ho letto affiancandolo all'interessante raccolta di interventi, "Lettere aperte ai Surrealisti", in cui Drieu polemizza, per il momento ancora garbatamente, con i suoi temporanei compagni di strada rinfacciando loro, curiosamente, proprio il percorso esaltato in "Gilles": il passaggio al comunismo di Breton e compagni è un tradimento della poesia in nome dell'azione diretta: un poeta ha invece il dovere di restare poeta. Sarà proprio quello che farà anche Gilles/Drieu, abbandonare il mondo inautentico dell'astrazione per quello sanguinoso dell'azione, per giunta per una causa sbagliata...

Dec 30, 2016, 6:49 PM