Qualche giorno fa sono andato a visitare il pittoresco borgo medievale di Cervo ligure, dove a lungo o per poco tempo (non si è capito ) ha vissuto Pietro Citati. Giacché mi trovavo lí avrei voluto chiedere a Citati qualche informazione in più sul Partigiano Johnny, perché lui fu insieme a Calvino e a Livio Garzanti il solo a leggere alcune pagine del "libro grosso" che in seguito si persero: l'opera su cui Fenoglio lavorò incessantemente fino al 1959. Ma in paese nessuno sapeva nemmeno chi fosse Pietro Citati, figuriamoci dove abitava. Fino a quando mi imbattevo in una cantina che anziché olio d'oliva e vino, vendeva libri usati a offerta libera. Due uomini di mezza età chiacchieravano seduti di fronte alla cantina e lasciai che una persona più socievole di me domandasse loro se conoscevano Citati. Un uomo rispose di non saperlo , l'altro invece intavolò un racconto nel quale collocava Citati a Cervo fin da ragazzo, frequentante le scuole con il suocero che lo ricordava come una persona schiva sempre impegnata nello studio. Lo disse come se fosse una roba dell'altro mondo che uno studioso studiasse, come se io parlassi del mio dentista descrivendolo come uno strano uomo dedito nell'atto di cavar denti alle persone dalla mattina alla sera. E aggiunse che un giorno, mentre Citati passeggiava vestito di bianco su una terrazza, qualche ragazzetto scellerato gli lanciò sull'abito dei pomodori. Quindi non vive più qui? , domandammo. No, ci risposero. Non volle più avere a che fare con Cervo. Non fu chiaro se lasciò il paese a causa della cafonaggine dei suoi abitanti lanciatori di pomodori o se avvenne per altri motivi, ma di fatto, a Cervo Pietro Citati non c'era più e non avrei potuto importunarlo (sebbene solo con domande e non con lanci ortofrutticoli ) per ottenere delucidazioni sul Partigiano Johnny. Opera epica e ambiziosa che Fenoglio scrisse dapprima nella sua adorata lingua inglese (Ur PJ ) e poi autotradusse in una prima stesura in Italiano (PJ1). Quelle pagine contenevano gli anni più intensi di Fenoglio come partigiano nelle Langhe e furono scritte con la cifra stilistica e il respiro narrativo attinti da opere e autori che lo avevano influenzato come Shakespeare, Coleridge, Thomas Hardy, La Bronte di Cime tempestose, Dylan Thomas e altri. Ma la sua carriera di scrittore non filava liscia come avrebbe voluto. Qualche anno prima nella collana einaudiana dei Gettoni era riuscito a pubblicare I ventitré giorni della città di Alba e La malora, ma lo stesso Elio Vittorini che curava la collana, lo aveva quasi stroncato e furono principalmente Italo Calvino insieme al giovane Citati a rincuorarlo. A chiedergli di non abbandonare la sua grande opera. Fenoglio però aveva dei problemi in famiglia, la madre lo spingeva a tenersi stretto il suo lavoro in un' azienda vinicola di Alba e lui fumava frustrato quaranta sigarette al giorno. Finché decise di lavorare a un altro romanzo (Primavera di bellezza ) mentre nel frattempo si dedicava alla seconda stesura del Partigiano (PJ2 ). Ma siccome non sapeva ancora come rivedere la prima parte del romanzo, - prestate attenzione ! - ne rielaborò solo gli ultimi due capitoli della seconda parte e lasciò gli altri in sospeso numerandoli per blocchi. Poi si presentò da Livio Garzanti con Primavera di bellezza, che conteneva in gran parte materiale preso dal Partigiano Johnny (la prima stesura in inglese e la prima in italiano - Ur PJ e PJ1) Garzanti era un editore colto, intelligente ma anche attento a far quadrare i conti. Lesse PDB e lo trovò bello ma gli pareva contenesse un po' di lungaggini inutili e una baldanza che poco si addiceva alla storia. La stessa impressione, seppur taciuta, l'aveva avuta Citati, ma entrambi non potevano sapere che quella baldanza, quel respiro epico e intenso derivavano dall'opera più importante di Fenoglio che non gli riusciva ancora di concludere. Così Garzanti chiese a Fenoglio di snellire il libro e di unirlo magari a quell'altra sua opera di cui conosceva solo alcune bozze, ma per carità, aggiunse, che il romanzo abbia una fine ! Perché i lettori non vogliono un romanzo con un finale sospeso per il quale dovranno attendere anni per leggerne il seguito. Una richiesta che Garzanti avanzava dopo essere rimasto scottato da quel pazzo di Gadda, che meno di due anni prima gli aveva lasciato Il Pasticciaccio senza svelare l'assassino ... Fenoglio non la prese bene. Tornò a casa e fumò settanta sigarette al giorno lavorando su Primavera di Bellezza e sulla seconda stesura del Partigiano. Poi, dopo pochi giorni, scrisse a Garzanti ammettendo che aveva ragione, che avrebbe snellito Primavera e l'avrebbe unità al Partigiano. Però in seguito ci ripensò ancora e commise un omicidio: In Primavera di bellezza uccise Johnny, rendendo dunque inutilizzabile gran parte di ciò che aveva scritto nel Partigiano ! Garzanti diede alle stampe Primavera di bellezza e Fenoglio morì dopo tre anni di cancro ai polmoni, senza riuscire a vedere la sua opera pubblicata né la luce dell'altro suo capolavoro che fu, Una questione privata. Avvenne poi che Maria Corti raccolse tutti gli scritti a disposizione del Partigiano Johnny e li pubblicò in un'edizione critica annotata capitolo per capitolo. Mentre nel 1968 Lorenzo Mondo, compì ciò per cui andrebbe ringraziato e preso a schiaffi: Uní la prima parte della prima stesura del PJ con gli ultimi due capitoli della seconda stesura, mise assieme alcuni capitoli in uno solo e tolse arbitrariamente brani e un capitolo che non riteneva necessari. Da qui nacque Il partigiano Johnny (anche il titolo non era di Fenoglio ). Negli anni novanta Dante Isella ne curò una nuova edizione e tra un ritrovamento e un nuovo aggiornamento il Partigiano continuò ad essere letto ma soprattutto dibattuto fino a qualche anno fa, quando ulteriori pagine inedite ritrovate del PJ furono messe assieme da Pedullà , che Einaudi ristampò con il titolo, Il libro di Johnny. Ora non so, quale sia l',edizione migliore da consigliare a chi volesse leggere Il Partigiano Johnny. Se quella non cannibalizzata ma critica di Maria Corti, se quella saccheggiata a fin di bene di Lorenzo Mondo, o l'ultima, con nuove carte a cura di Pedullà. Ho solo una gran pena per Beppe Fenoglio. Costretto ad abbandonare l'opera nella quale aveva messo tutto l'amore per il suo Coleridge, per il suo Shakespeare, per la sua brughiera trasferita nella nebbia delle Langhe durante quei due anni da partigiano che avevano significato per lui la parte più intensa e importante della sua vita. Alla luce di tutto ciò, in tutta sincerità, gli studi di Lorenzo Mondo, Maria Corti, Dante Isella, Pedullà, e anche ciò che ho scritto io qui, mi ricordano quel brano meraviglioso di Gadda nella Cognizione del dolore. Quando seduti a tavola, al termine di una cena a base di ossobuco, un gruppetto di uomini fessi e altezzosi si apprestano a fumare e a scovare dei cerini scordati da qualche parte nelle tasche dei loro vestiti, e, dopo una pantomimica ricerca si accendono la sigaretta e fumano a pieni polmoni, mentre gli stomaci peptonizzano l'ossobuco e loro si guardano intorno, per guardare chi e cosa, non si sa. Probabilmente se stessi nelle pupille altrui. E non mi sembra molto differente da certi dibattiti accesi e inconcludenti che hanno coinvolto la genesi e la ricostruzione del Partigiano Johnny, e in egual misura, non mi pare meno sciocco e offensivo di coloro che colpirono Pietro Citati di bianco vestito, con le loro menti obnubilate, e i loro lanci ortofrutticoli.