Questa storia della prolifica Joyce Carol Oates si svolge nell’America profonda, lontano dai grattaceli e le luci scintillanti.
Carmel Heights è un “paesone” dove tutti sanno tutto di tutti che rassomiglia un po’ alla nostra provincia.
Joshua Seigl solitario e colto scrittore 38 enne, che qualche anno prima era salito al successo, mai più ritrovato, con un romanzo sulla Shoah, cerca un assistente.
Dopo vari colloqui, la troverà per caso in Alma, la ragazza tatuata del titolo, che pare essere il suo esatto contrario, incolta, ignorante, quasi selvatica, con un passato ed un presente costellati da violenze ed abusi. La ragazza è anche pervasa da un forte senso di inferiorità ed al contempo da una furiosa rabbia contro tutto e tutti.
Alma sembra quasi soddisfatta di vivere nella propria ignoranza, non ha piacere di crescere, anche quando Seigl si offre di aiutarla.
Pian piano nella ragazza emerge anche un forte antisemitismo, fin lì latente, che la porta ad odiare visceralmente il suo datore di lavoro, che lei ritiene essere ebreo per via del cognome.
La storia assumerà poi risvolti inattesi, spesso spietati e cruenti, fino ad arrivare ad un epilogo dai toni pulp.
Fondamentalmente è un romanzo che tratta di solitudine, anzi di due solitudini, quella di Seigl e quella di Alma, che si avvicineranno nonostante le profonde differenze e gli odi celati.
La Oates con la sua scrittura asciutta, senza fronzoli riesce ad essere più cruda di un uomo mantenendo allo stesso tempo una profondità tutta femminile.
Non è il suo miglior romanzo, ma ho trovato interessanti l’approfondimento psicologico dei personaggi, la fotografia di un’America poco conosciuta, e di un antisemitismo strisciante, tristemente tramandato per “sentito dire”.