Gabbiano

“Per anni ti ho sempre chiamato mamma. Poi ho cominciato a chiamarti anch’io, come il resto del mondo, Melina. È stato...quando a un certo punto ci siamo riconosciuti come due adulti.” È riassunto in questo incipit tutto l’amore che l’autore nutre per la madre tanto che, forse per esorcizzare la sua scomparsa ma non il dolore che lo accompagnerà sempre, desidera celebrare con parole su fogli bianchi la sua vita senza di lei ma non la sua assenza. Anzi di lei ritrae, in un excursus breve ma intenso, gli anni di tutta la sua esistenza, ma soprattutto vuole renderle giustizia esaltandone la caparbietà che la caratterizzava e senza la quale non avrebbe potuto affrontare i disagi della realtà. “Scrivere è stato un tentativo di essere figlio fino in fondo”.

“Io divoravo libri... Ho vissuto così per molti anni. Mi piaceva un sacco quella vita piena di storie e vite d’altri. Non immaginavo che si potesse vivere in un altro modo.”. Parole che accomunano lettori/lettrici compulsivi/e che amano, se non venerano, i libri e tutte le realtà che essi sono pronti ad offrire a menti in eterno fermento. Le parole che riempiono le pagine bianche godono di una loro ma anche di una nostra melodica espressione che possono fondersi nel momento in cui i due spiriti si incontrano o possono allontanarsi secondo le circostanze, nel rispetto dell’altrui sentire... “L’arte fa così: svela le nostre paure e i nostri desideri prima che si avverino...”. Ma un ruolo importante nella lettura viene rivestito dalla ‘memoria’, da ciò che rimane più o meno impresso in lettori o lettrici in quanto artefici della ‘verità’ o della ‘menzogna’ derivanti dalla volontà di scoprire ciò che le parole rappresentano realmente o sono frutto di una interpretazione esteriore... “Ecco! Non importa cosa racconti, ma come lo racconti”. Comunque sia, i libri e loro lettura possono aiutarci a vivere anche (in) una realtà parallela scegliendo, nostro malgrado, ciò che ci fa crescere nel bene o ciò che ci fa regredire nel male, ipotizzando che tale comportamento sia solo una questione di disposizione fisica e/o spirituale. ”La generosità richiede buona salute.”

“Io sto cercando il silenzio. Ho bisogno del silenzio, sento come se mi chiamasse. Un richiamo a cui voglio dare un senso”. Parole di un uomo, Massimiliano Ossini, che ha cercato una via ed ha intrapreso un percorso, scelto con un forte spirito di avventura e con un profondo senso di meraviglia, per scoprire e mettere alla prova le sue capacità nell’approcciarsi a quell’ignoto che si può nascondere dentro e fuori di ognuno di noi, per superare l’incognito. Ed è lo “Spirito della Montagna” a far sì che egli lo percepisca come una forte spinta a cercare luoghi immersi nella natura e ad affrontare vette più o meno elevate da cui ammirare il ‘creato’ in tutta la sua maestosità, solo lassù egli riesce a scrollarsi dalle spalle il peso della vita di ogni giorno e a ‘svuotare’ la sua mente per assaporare i piaceri derivanti dallo spettacolo di varia bellezza che si apre solo davanti agli occhi di chi sa osservare. Dalle sue molteplici attività deriva la seguente affermazione: “...sono convinto che noi siamo le nostre scelte...”, ma non è da tutti riuscire a vedere il superfluo in ciò che si ritiene necessario e a trascurare l’essenza di ogni singola esperienza. Difficilmente si superano le ‘paure’ senza la volontà personale di affrontarle e di combatterle in primis, anche se con uno sforzo, sia mentale che fisico, notevolmente impegnativo. “Vivere non è trascinarsi giorno dopo giorno, ma è stare in ascolto e reagire agli stimoli che gli altri e l’ambiente ci lanciano”.

” I desideri sono ricordi”, sempre che non si realizzino per timore di non riuscire a porre in atto una strategia di vita che stimoli a proseguire senza SE e senza MA. La paternità, afferma l’autore, è una prova difficile da affrontare, un’assunzione di responsabilità che può essere maturata, a mio avviso, solo accettando la realtà senza tralasciare l’immaginazione, se è quest’ultima a rendere la vita più semplice. ” Un figlio ti proietta nel futuro e al tempo stesso ti ricorda che invecchi. Il suo essere vita ti induce a pensare alla morte.”

”Viaggiare non per arrivare ma per viaggiare, per arrivare più tardi possibile, per non arrivare possibilmente mai.” praticamente è un percorso da conquistare passo dopo passo senza guardare mai alla meta, ma per godere sempre e comunque dell’attimo che si vive, costruendo un rapporto spontaneo con la natura ed uno (dis)interessato con le persone che si incontrano. Insomma un qualunque viaggio si intraprenda dovrebbe essere di stimolo sia per uscire ma anche per ritornare al proprio focolare più ricchi e pienamente soddisfatti della singola e personale crescita interiore. L’esperienza nel e del viaggiare fa sì che ogni individuo abbandoni, anche se per un periodo più o meno lungo, la sicurezza della propria esistenza per “conoscere, comprendere e confrontarsi” con l’esperienza di vita di popolazioni e ambienti diversi ma mai lontani e differenti da quelli noti. ”Vivere, viaggiare, scrivere”, un consiglio da tenere presente ogni volta che ci si trovi di fronte all’altro da sé, il che sempre arricchisce la mente e l’animo di colui o colei che intenda vedere oltre l’infinito anche a costo di immaginare una diversa realtà grazie all’emozione e alla curiosità del proprio cuore. “Viaggiare è una scuola di umiltà; fa toccare con mano i limiti della propria comprensione, la precarietà degli schemi e degli strumenti con cui una persona o una cultura presumono di capire o giudicano un’altra.”