L'impressione che ho avuto leggendo il terzo libro candidato allo Strega di quest'anno è che in tipografia abbiano impaginato, per sbaglio, la prima parte di un libro e la seconda di un altro. Nel primo, il tipografo frustrato Giovanni affronta l'abbandono della moglie, appena guarita dal cancro, ricopiando e stampando un'edizione l'uso di uno dei libri preferiti della moglie: Anna Karenina. Nel secondo i due, come se un anno e mezzo di silenzio non fosse stato altro che un insignificante incidente di percorso, si ritrovano più innamorati di prima e decidono di mollare tutto e trasferirsi in montagna per condurre una vita fatta di passeggiate, giardinaggio e yoga, prima dell'inevitabile epilogo. Ammetto di essermi lasciata intenerire dalla seconda parte - la bellezza delle piccole cose, l'amore che dura una vita, una vita libera dal lavoro - ma la mancanza di coesione tra le due parti mi ha reso davvero impossibile godermi il romanzo.