Questo è un libro in qualche modo sconvolgente e triste, sia per la drammaticità dei fatti raccontati, sia perché non si può leggerlo senza scrollarsi di dosso la consapevolezza che chi l’ha scritto ha pagato con la sua vita, senza avere il tempo di rendersi conto di come il mandato presidenziale del 7 maggio 2004, che coincide con la fine della scrittura, potesse superare qualsiasi limite costituzionale a conferma formale ed effettiva di tutte le previsioni di autocrazia di cui il volume è pieno. Il libro racconta vicende umane sullo sfondo degli eventi dalla salita al potere di Putin. Da queste vicende emergono sostanzialmente due elementi, la corruzione spaventosa dei gangli della burocrazia e dell’esercito e la necessità, per chi ha mire di potere e ricchezza, di scendere a patti con questo sistema, come unico modo per farne parte ed ottenere la propria fetta di felicità. Dall’altra parte ci sta chi subisce, anche consapevolmente, senza che si colgano differenze fra il sistema sovietico e quello attuale. Le storie ed i loro personaggi sono tanti, ne cito alcuni, come l’amica dell’autrice Tanja che diventa un’oligarca dopo avere rinunciato alla posizione sottopagata di ricercatrice per appropriarsi di un’attività commerciale, fino a raggiungere il successo e candidarsi alla Duma, col solo scopo, una volta eletta, di passare ad un livello più alto e veder così diminuire il numero di persone a cui pagare tangenti, o come, dall’altra parte delle barricata, il comandante di un sommergibile nucleare alla fonda in Khamchatka che, non ricevendo lo stipendio, portava a casa il rancio per dividerlo con la moglie ed il figlio, ma che nonostante la situazione, non si abbassava a traffici alternativi come altri colleghi. Allo stesso modo viene raccontato come il tribunale di Mosca non concedesse risposte ai parenti delle vittime civili per quanto successo dopo l’utilizzo dei gas che pose termine al sequestro del teatro Dubrovka da parte dei terroristi Ceceni. Insomma c’è una Russia degli oligarchi e della nomenklatura, poi, molto staccato nei diritti c’è un popolo, di vari livelli culturali, che lavora sottopagato e che, quando serve, va in guerra, e non ha modo di sottrarsi ad una sorta di lunghissimo filo conduttore che lega l’Impero zarista al regime putiniano, passando attraverso i settant’anni di comunismo, con sistemi di controllo e repressione di violenza paragonabile.