Eccomi giunto alla conclusione del viaggio in tre parti costituito dalla trilogia dei Moschettieri di Alexandre Dumas. E’ stata una lunga ed avvincente passeggiata attraverso il diciassettesimo secolo e, ancora più importante, costellata di splendide viste sul periodo storico, i fatti ed i personaggi, più o meno romanzati, che l’hanno movimentato.
Un’avventura epica, densa, che attraversa le epoche e riesce ad instillare nel lettore, grazie alla sua mastodonticità, una mescolanza di agorafobia e vertigine. Un’opera infinita nella sua totalità, ma capace di esserlo anche prendendo, singolarmente, le parti che la compongono.
Risulta vano, sconfinando quasi nello sminuirlo, il tentativo di descrivere un simile testo; una narrazione che agli infiniti scorci storici affianca avventura, azione, intrigo e tradimento, amore, odio ed amicizia, giovinezza e vecchiaia, vita, morte e qualsiasi altro intreccio un lettore possa desiderare di trovare in quel magico veicolo che si genera dall’abbraccio tra carta ed inchiostro.
I più di duecentosessanta capitoli che costituiscono l’opera sono terreno di accelerazioni e soste, apparizioni e scomparse, sogni che si infrangono fragorosamente, resurrezioni, imprese al limite dell’assurdo, scaltrezze, schermaglie tanto fisiche quante verbali e confronto con l’umanità, i moti e le pulsioni che, in qualsiasi epoca, muovono l’essere umano ed i popoli.
Un’opera splendida, perfetta chiusura di una trilogia che ha l’enorme pregio di far innamorare della lettura così come dei personaggi e delle vicende narrate.
Nel Visconte di Bragelonne c’è davvero tutto e questo “tutto” lo porta tra il gruppo dei libri indimenticabili. Non lo elevo a capolavoro assoluto, lasciandolo alle porte del mio personale Olimpo letterario, ma lo considero un libro da leggere assolutamente, così come l’intera produzione di Dumas, senza farsi intimorire dalle dimensioni fisiche dell’opera ma animati solamente dalla voglia di farsi trascinare in un tanto lungo quanto meraviglioso viaggio indietro nel tempo.