I dialetti sono lingue. Non sempre possiedono una codifica normata (aka grammatica, elemento sempre a posteriori) ma degli idiomi hanno peculiarità fonetiche, morfologia e sintassi.
Sono queste ultime a costituire in primis il discrimine e le famiglie ed è proprio dall'analisi di tali tratti che si comincia a ridurre l'ombrello del napoletano, spesso erroneamente definito lingua rispetto alle altre parlate del Mezzogiorno intese ancora oggi dai non addetti, specie se partenopei, sue manifestazioni derivate e minori.
Ma allora è errato parlare di dialetto contrapponendolo a lingua, in una posizione sempre di sudditanza?
Dipende dall'ottica e dall'approccio.
Per la sociolinguistica, che segue il fil rouge della lingua tetto (ossia transregionale) sì, in ambito squisitamente linguistico no.
È parimenti sbagliato parlare di lingue regionali perché le regioni storiche e quelle amministrative non coincidono: emblematici i casi di Puglia, Calabria, Veneto e Friuli o, ancora, della stessa Toscana, in cui convivono aree italo-romanze e gallo-romanze.
L'avvicendarsi delle teorie e l'aumento degli studi è aneddoticamente esemplificato proprio dal napoletano: a lungo è stato definito "lingua pugliese" 😄
Infine esistono dei dialetti dell'italiano? Sì, due: il fiorentino e il romanesco. Le altre lingue della Penisola, tolte le numerose alloctone, romanze e non, derivano direttamente e per vie indipendenti dal latino. Dell'italiano sono non figlie ma sorelle.