La domanda posta dal titolo è sicuramente interessante: l'autore esamina le cause che hanno determinato il ridimensionamento del ruolo storico dei "migliori" a vantaggio dei "più numerosi" , la loro progressiva perdita di influenza sul formarsi di una coscienza e di un sapere collettivo e prende in esame i cambiamenti storico-sociali che ne sono all'origine: l'affermazione dell'individualismo come risposta alla crisi del ‘900, la delegittimazione del sapere quale parametro distintivo, l’obbiettivo dell'egualitarismo, che ha travalicato i corretti termini concettuali e ha coinvolto surrettiziamente il mondo della conoscenza, finendo per produrre un impoverimento e un appiattimento della formazione scolastica, il trionfo del neoliberismo e del consumismo, il passaggio dalla politica alla tecnocrazia, l'imporsi delle nuove tecnologie che promettono e illudono che il sapere sia a portata di clic, immediato e accessibile a tutti. Queste e altre le tematiche in campo che hanno funzionato da contro-spinte sul prestigio dell'intellettuale nella società, tutte certamente significative e determinanti, troppe però per una trattazione unica di media lunghezza. Ne risulta una struttura forzatamente composita, in cui l'autore, spaziando su un' ampia moltitudine di argomenti, finisce per offrircene una lettura talora sommaria e sbrigativa e, in sostanza, per non dirci nulla che già non sapessimo. Meglio allora, forse, ricorrere alla vasta bibliografia specifica a cui il libro fa costantemente riferimento e a cui sembra attingere in modo un po' riassuntivo.