"Che alla fine della sua breve vita Janet Hobhouse abbia potuto trasformare le proprie sofferenze in una confessione così precisa, suggestiva e singolarmente priva di autocommiserazione, così stranamente piena di verve, mi colpisce come un notevole successo, oltre che sul piano letterario, dal punto di vista morale."
Philip Roth conclude così la breve nota che ci introduce, già carichi di aspettative, nel mondo affascinante e contraddittorio della famiglia di Helen, aka Janet Hobhouse. E chi sono io per non sottoscrivere le parole del grande romanziere?
In realtà lo temevo questo libro, temevo che fosse troppo doloroso, che non sarei riuscita a leggerlo, ma la scrittura della Hobhouse mi ha subito avvolto in un bozzolo fragile e confortevole, come se la voce narrante fosse diventata la mia.
Sì, perché nonostante la sofferenza, l'inettitudine e l'impotenza che permeano ogni giorno di questa vita dolorosa, la scrittura usata per ricostruirne ogni piega nella mente del lettore è fatta di parole sontuose, che si susseguono come le gemme di una collana, parole che trasudano disperazione, solitudine e malinconia ma con un fascino inaspettato, come una donna triste e bellissima, la madre bambina che conosceremo in queste pagine.
Non c'è altro da dire, sottoscrivo le parole di Roth e aggiungo che, oltre alla grande lucidità della scrittura - che è un tratto che contraddistingue anche il Nostro, c'è una passione sotterranea che anima questo storia, la voglia di vivere nonostante tutto.
"[...] c'erano le circostanze ordinarie di tutte le relazioni a lungo termine, le limitazioni e riduzioni di ciò che è possibile alla luce di ciò che è sempre stato, la crescente claustrofobia di ciò che è noto. Dopo la spaventosa meschinità che l'intimità prolungata comporta, chi non ha mai desiderato sfasciare il negozio di porcellane della propria relazione, creandosi così uno spazio pulito e vuoto in cui recitare e impersonare la parte migliore di sé, in cui lanciarsi nella danza del come potremmo essere se fossimo liberi, se la vita fosse diversa, se quest'altra vita fosse la nostra?"
E per i più curiosi aggiungo che la Hobhouse ebbe una relazione con lo stesso Roth - che nel libro compare come Jack, e ce lo descrive come un uomo austero e disciplinato, lontano dalla confusione delle strade di New York.
Avrei faticato ad immaginarlo diversamente!
Consigliato agli amanti dei memoir narrati in prima persona, agli appassionati di storie familiari e a chi non ha paura di farsi pungolare un po' il cuore.