Violette di arrangia da sola. Credendo in un amore disilluso fin dall’inizio, e accettandone magagne nonché la prevedibile scomparsa con rassegnata dignità. Crescendo da sola una bimba al meglio delle sue possibilità. Rimettendosi in gioco scolasticamente lá dove mancanza di opportunità e stimoli culturali le avevano fatto credere che potesse essere sufficiente vivere poco più che analfabeta. Cercando un nuovo lavoro umile, che diventa il suo mondo. Rielaborando a modo suo disgrazie e drammi ingiusti, pressochè insuperabili, assopendoli sordamente nella natura che continua a rinnovarsi ogni giorno e fa stare bene, grazie ai preziosi dolcissimi insegnamenti dell’amico Sasha. Aprendosi timidamente e gradualmente a una nuova vita, a una nuova possibilità, tentennando nell’oblio della sua routine solitaria, come non si ritenesse degna di un nuovo amore gentile, delicato, normale, nel ricordo così vivo, mediterraneo e bruciante della figlia persa prematuramente, il suo prolungamento, il suo completamento che non c’è più.
Violette è la dignità di una vita semplice e a tratti misera, è il tentativo ben riuscito di costruzione di una propria serenità, é la ripartenza dopo il guasto, perché c’e sempre speranza.
Parallelamente ma due passi all’ombra (anche se non piu di tanto), Philippe é una figura piu complessa di quello che si possa pensare all’inizio del romanzo. Il duro fannullone sciupafemmine intriso di poverissimo machismo, con scarse doti da padre, rivela progressivamente una coscienza, dispiaceri secondari a una educazione sterile, un disagio commovente che si conclude con la rinuncia di un nuovo inizio luminoso, perché trova luce solo ponendo fine al suo variegato tormento interiore.
Un romanzo corposo di sentimenti gentili e tenaci, che rispolvera la semplicità autentica dello scorrere di vite ordinarie, in cui ci possiamo ritrovare.