Più che bello (****) o bellissimo (*****), «Democrazia!» è un grido di speranza per lo meno intrigante. Paolo Flores d'Arcais percorre l'odierna realtà della democrazia dalla sua definizione ai suoi "usi" e alle (possibili) degenerazioni. E così conclude (pagg. 158-9): «Se vogliamo essere cittadini, siamo costretti a essere militanti, poiché la democrazia si regge solo sulla lotta-per-la-democrazia. Nella modestia di un attivismo civico che comunque accompagna ogni momento dell’esistenza: non come ombra ma come respiro, poiché se non è azione è omissione. Può sembrare pretesa di virtù supererogatoria essere sempre cittadini, e normalità il tran tran della vita privata nella quale l’impegno è eccezione, da cui la solidità delle istituzioni può perfino esentarci: coltivare il proprio giardino era già la vocazione di Candide. Ma non c’è modo di sottrarsi. Ogni giorno possiamo mettere il nostro granello nell’oscillazione della clessidra dei rapporti di forza, non farlo lascia campo libero ai prepotenti di establishment. Se abbiamo il privilegio impagabile che la lotta-per-la-democrazia non avvenga a rischio della vita o della tortura e neppure del carcere, che vogliamo di più? Oltretutto l’impegno dell’azione e la passione civile possono costituire una gioia straordinaria, solo chi non l’ha provata può non saperlo.
Il cittadino è il dissidente in servizio permanente effettivo che tutti noi possiamo essere. Per la democrazia, a essere realisti, vale un solo principio: finché c’è lotta, c’è speranza. Anzi: solo finché c’è lotta, c’è speranza.»