Entrare nella mente altrui è una pratica molto complessa e difficile, una strada tortuosa che porta a nuove concezioni e verità. Bisogna essere pronti a tutto, spogliarsi dei pregiudizi, dimenticarsi il proprio modo di pensare e lasciarsi avvolgere da un vento nuovo.
Marguerite Sechehaye non solo è stata in grado di raccogliere la testimonianza di Renée in tutta la sua autenticità, ma ha saputo staccarsi dalla narrazione ed essere obiettiva. Il suo coinvolgimento nella vicenda va indubbiamente al di là della norma, ma si potrà dedurre che è stata questa la chiave verso la guarigione da una patologia difficile e nebbiosa.
Non c’è molto da dire: un’esperienza personale, soggettiva e privata quanto questa non deve essere giudicata né in bene, né in male. Bisogna prenderne atto e ricordarsi che al mondo esistono anche queste grosse difficoltà, questi problemi clinici che non lasciano spazio al ragionamento coerente. Perdere la capacità di sentire il reale e di riflettere razionalmente penso sia agghiacciante, soprattutto quando affiorano ansie e timori tali da terrorizzare, voci, autolesione e via discorrendo.
È un viaggio alla scoperta di una malattia importante, attraverso chi l’ha vissuta sulla propria pelle. Renée è stata in grado di raccontarla in modo che il lettore riesca a percepire almeno una piccola parte delle sensazioni da lei attraversate.
Interessante il capitolo ultimo, nel quale il tutto è visto con gli occhi e l’analisi della psichiatra autrice del volume.