Romanzo complesso, nonostante l'apparente semplicità della trama, e difficile da classificare: thriller anche se delitto e colpevoli sono abbastanza chiari fin dalle prime pagine? Romanzo di formazione per le scelte e non scelte che i protagonisti si ritrovano a dover fare? Sfugge alle etichette (per gli amanti dei sottogeneri è anche un "Dark academia"...); alla fine lo definirei una sorta di fiera delle vanità dei campus americani, con tutti i loro eccessi e ipocrisie.
La storia ruota attorno a un gruppo di cinque studenti che in un piccolo e raffinato campus del Vermont partecipano a un corso molto elitario di cultura classica. Ricchi e viziati, oggetto di invidia e di ammirazione, si muovono in gruppo, apparentemente invincibili: Henry il leader, studioso colto e maniacale, con gli occhialini, il completo, le ghette e il bastone (siamo tra la fine anni 70 e l'inizio anni 80...), Frances un dandy eccentrico, Charles e Camilla due gemelli affascinanti e Bunny spavaldo e scroccone, il tira e rompi palle della compagnia. Le lezioni sono tenute da Julian, professore ed esteta cultore del bello, molto selettivo nella scelta degli alunni, che si considerano una cerchia ristretta di eletti con il proposito di vivere al di fuori di schemi e regole.
Richard, la voce narrante che rievoca le sue esperienze a distanza di qualche anno, è invece uno studente squattrinato che arriva dalla California ed è immediatamente attratto dal gruppo; con qualche sotterfugio riesce a farsi ammettere alle lezioni di Julian e diventa il sesto membro del gruppo.
La storia fin qui potrebbe ricordare, anche se lontanamente, l'attimo fuggente: niente di più falso. Henry, Frances e i gemelli, affascinati dai culti dionisiaci degli antichi greci, li rievocano di notte nei boschi intorno al campus e ci scappa prima l'incidente col morto, un contadino della zona e poi un secondo, delitto premeditato, per tappare la bocca a chi potrebbe parlare troppo. La solidità del gruppo viene meno, nessuno si fida più nessuno, emergono rancori e gelosie, liti e paranoie. Mancano invece i sensi di colpa per aver ucciso chi fino al giorno prima era inseparabile amico, rimane e tanta la paura di affrontarne le conseguenze. Una lento inabissarsi tra ipocrisie e vanità, droghe e alcool in un mondo che non sembra essere molto migliore di loro.
Donna Tart insiste molto nei particolari, nelle descrizioni di personaggi e situazioni. Ne risulta una storia molto ben sviluppata ma a tratti prolissa e ridondante, lenta nelle parti iniziali, che prende più ritmo dopo il delitto. Cinquecento e passa pagine sono forse troppe, anche se abbastanza scorrevoli, ogni tanto non dico proprio uno sbadiglio, ma un "diamoci una mossa..". Tre stelle e mezzo.