Ritornando indietro nel tempo, all’epoca dei cavalieri erranti e delle dame in pericolo, Cervantes ci narra la storia di quello che adesso verrebbe considerato perlopiù un mentecatto con le allucinazioni. Don Chisciotte è un uomo che si è immedesimato talmente tanto nei suoi libri cavallereschi che si è letteralmente fumato il cervello: vede giganti lì dove non ci sono, va errando lì dove farebbe meglio a starsene a casa, e crea casini lì dove crede di averne appena risolti. Don Chisciotte è semplicemente un 'romantico' nato nell’epoca sbagliata – come molti di noi – con la differenza che lui quell’epoca la vuole rivivere a tutti i costi e quindi decide di darsi al vagabondaggio in cerca di avventure epiche da vivere, dame da salvare, e glorie da conquistare. Traduzione: le prende da chiunque, viene deriso ovunque e si aggira conciato per le feste e con la coda fra le gambe su un ronzino abbacchiato e malmesso. A seguirlo e a sostenerlo nelle peripezie per le lande spagnole, Sancio Panza, diventato suo scudiero e uomo ben più pragmatico di Don Chisciotte ma, a suo modo, altrettanto credulone e a tratti babbeo. Sancio lascia moglie, figli e casa perché spera in una ricompensa che non arriverà mai (e che col senno di poi avrebbe fatto meglio a non cercare): Don Chisciotte gli ha raccontato quali e quante ricchezze attendono gli scudieri dei cavalieri che ce l’hanno fatta. Ricompense in termini di castelli da custodire, governi da gestire, isolotti da comandare. E Sancio Panza, spinto da un’accesa avidità e da un grande amore per la pecunia, si lascia abbindolare da queste grandi promesse, nonostante sia il primo a riconoscere la pazzia del suo padrone. Una coppia, insomma, alla “Scemo e più scemo”, dove spesso e volentieri non si capisce bene se ci fanno o se ci sono per davvero.
Don Chisciotte è stato pubblicato in due volumi, a distanza di 10 anni l’uno dall’altro.
L’inizio del racconto, che vede la nascita del nostro personaggio e il principio di queste bizzarre avventure, è davvero esilarante. Questa è una comicità genuina, fatta di paradossi, equivoci, farse e malintesi, ma che sa essere al contempo ironica, sarcastica e decisamente controtempo. Tuttavia, mentre nel primo volume viviamo con ilarità e leggerezza le avventure del nostro cavaliere errante, nel secondo l’atmosfera si fa più pesante: le risate si fanno amare, le derisioni diventano più grevi e il motteggio lascia spazio a tanta compassione e a una profonda pena.
Con Don Chisciotte, Cervantes dà sfoggio di tutte le sue abilità letterarie: il romanzo raccoglie in sé diverse tipologie di narrazione e di tematiche narrative. Abbiamo il racconto, nella fattispecie a tema cavalleresco (tanto ridicolizzato da Cervantes ma sul quale mostra una vasta conoscenza), la novella, la poesia, (lunghissimi) monologhi, poemi, richiami storici e chi più ne ha ne metta. Penna eccellente ma che alla lunga sfinisce. Il racconto infatti si appesantisce, si dilunga tanto e spesso e volentieri si ripete. Rileggiamo infatti le stesse avventure, assistiamo a scene già viste e veniamo un po’ bombardati da storie che si incastrato in altre storie che si concatenano ad altre storie ancora, tant’è che poi inizi a non vedere più la luce alla fine del tunnel. Lo stesso Cervantes discuterà nel secondo volume le scelte narrative adottate nel primo libro e in un certo senso promette di favorire una narrazione più lineare e incentrata sui soli fatti che riguardo i nostri due protagonisti.
Dal canto mio, neppure la mia di lettura del Don Chisciotte è stata lineare perché ho fatto un vero e proprio miscuglio di edizioni e tipologie di lettura: ho affrontato parallelamente la versione cartacea edita Crescere Edizioni, l’e-book edito Einaudi e ho ascoltato l’audiolibro interpretato da Claudio Carini. Soprattutto con i grandi classici – ancor di più se particolarmente datati - la scelta dell’edizione gioca un ruolo essenziale. E mai come con questo libro tale opinione si sia rivelata più vera. Volendo infatti già comparare le due versioni cartacee ho notato che la prima (Crescere Edizioni) presenta una traduzione che risente i suoi anni, molto più arzigogolata (e ahimè ricca di errori di punteggiatura e ortografia!), ma dai tratti molto pacati. L’edizione Einaudi, invece, è estremamente più fresca ed attuale, presenta una resa molto più frizzante, spinta e dai toni decisamente più accesi.
La scelta di dedicarmi all’audiolibro è invece piuttosto pratica: ho notato che traggo beneficio dagli audiobook soprattutto quando affronto libri portentosi, come possono esserlo Don Chisciotte, Il conte di Montecristo, ecc. Uno, perché comunque riesco a leggere nei ritagli di tempo più assurdi (viaggio in moto, mentre preparo la cena, ecc.) e due, perché incalza la lettura lì dove questa sembra un po’ impantanarsi.
Per maggiori approfondimenti suggerisco vivamente di leggere l’articolo di Piero Dorfles pubblicato su IlLibrario (
illibraio.it/news/dautore/don-chisciotte-dorfles-cervantes-329886), un punto di vista decisamente illuminante e un’analisi davvero ben costruita.