«Vieni, sorella. Vieni a noi. Su, vieni, vieni!» Impaurito io mi volgo a mia povera Madam Mina, e il mio cuore per felicità è balzato come fiamma; perché, oh, il terrore in suoi dolci occhi, la repulsione, l'orrore! E la convinzione, per me, che era ancora speranza. Dio sia ringraziato, non era ancora, non ancora, di quelle. Ho preso un pezzo dell'ostia avanzando verso di loro e il fuoco. Esse arretrano davanti a me, ridendo il loro basso, orrido riso. Io attizzo il fuoco e più non temo loro, perché sapevo che dietro nostre protezioni siamo sani e salvi. Esse non potevano accostare me mentre così armato, né Madam Mina mentre che rimaneva dentro il cerchio, che essa non poteva lasciare non più che quelle potevano entrare. I cavalli avevano cessato di gemere, e ancora giacevano a terra; la neve cadeva soffice su di essi, ed essi diventavano più bianchi e più bianchi. Sapevo che per le povere bestie era finito il terrore.
E così siamo rimasti finché il rosso dell'alba è filtrato tra il biancore di neve. Ero desolato e intimorito, e pieno di tristi presentimenti; ma quando il bel sole ha cominciato a salire sull'orizzonte, la vita è in me tornata. Al primo venire dell'alba, le orride figure dissolvono nel turbine di nebbia e neve, spire di trasparente tenebra che va via verso il castello e sono perdute.