Ultima raccolta di poesie del poeta e drammaturgo caraibico Derek Walcott. L'ultima, almeno per ora, raccolta in cui mostra quello che forse ha sempre nascosto al pubblico di lettori e spettatori: se stesso per ciò che è, un uomo fatto di paure, ricordi, desideri, angosce, molti punti deboli fra cui il non riconoscere più in sé dei punti di forza validi. Tormentato dall'immanenza della morte a cause del diabete, si circonda degli spiriti dei suoi amici defunti, di mare, palme e di una gran varietà di uccelli: merli, pappagalli, aironi ma soprattutto bianche egrette idealizzate, mitizzate e antiche come le sfingi. Mostrano la brevità della gloria in vita ma non c'è bisogno di temere perché la paura della fine induce alla riflessione e al ricordo: qui rivendica le sue origini (africane, inglesi e olandesi), richiama gli antichi orrori del Colonialismo inglese e il perdono verso gli stessi, la beata accettazione del trascorrere del tempo e degli eventi. Walcott accoglie l'avvenire e lo fa anche tramite la sua poesia dinamica e attiva, una poesia che non si sofferma solo sull'osservazione e la riflessione ma agisce e travolge.