Una cosa è certa sul tifo: non è un piacere parassita, anche se tutto farebbe pensare al contrario, e chi dice che preferirebbe fare piuttosto che guardare non capisce il concetto fondamentale. Il calcio è un contesto in cui guardare diventa fare - non in senso aerobico, perchè guardare una partita con il fumo che ti esce anche dalle orecchie, e poi bere e mangiare patatine per tutta la strada del ritorno è assai improbabile che ti faccia un gran bene, nel senso in cui te ne fa la ginnastica di Jane Fonda o lo sbuffare su e giù per il campo. Ma nel momento del trionfo il piacere non si irradia dai giocatori verso l'esterno fino ad arrivare ormai smorzato e fiacco a quelli come noi in cima alle gradinate; il nostro divertimento non è una versione annacquata del divertimento della squadra, anche se sono loro che segnano i gol e che salgono i gradini di Wembley per incontrare la principessa Diana. La gioia che proviamo in queste occasioni non nasce dalla celebrazione delle fortune altrui, ma dalla celebrazione delle nostre; e quando veniamo disastrosamente sconfitti il dolore che ci inabissa, in realtà, è autocommiserazione, e chiunque desideri capire come si consuma il calcio deve rendersi conto prima di tutto di questo. I giocatori sono semplicemente i nostri rappresentanti, e certe volte, se guardi bene, riesci a vedere anche le barre metalliche su cui sono fissati, e le manopole alle estremità delle barre che ti permettono di muoverli. Io sono parte del club, come il club è una parte di me; e dico questo perfettamente consapevole del fatto che il club mi sfrutta, non tiene in considerazione le mie opinioni, e talvolta mi tratta male, quindi la mia sensazione di unione organica non si basa su un fraintendimento confuso e romantico di come funziona il calcio professionistico. Quella vittoria a Wembley fu tanto mia quanto di Charlie Nicholas o di George Graham (e Nicholas, che fu accantonato da George Graham proprio all'inizio della stagione successiva e poi venduto, ricorderà quel pomeriggio con altrettanto trasporto?), e io faticai tanto quanto loro. L'unica differenza tra loro e me è che io ci ho dedicato più ore, più anni, più decenni di loro, e quindi capii meglio quel pomeriggio, e apprezzo di più la ragione per cui il sole brilla ancora quando lo ricordo.