Immaginate una famiglia normale, immaginate una casa che abbraccia l’esperienza di tre generazioni, immaginate una madre e un figlio che hanno imparato negli anni a comunicare fra loro per raccontarsi non solo la quotidianità, ma ciò che accade nel profondo delle loro vite. Le cinquantadue lettere di cui è intessuto l’ordito di Giochiamo a calpestarci l’ombra nascono da questo humus e hanno il potere di trasportarci, senza bisogno di mediazione, all’interno di rapporti famigliari lungamente coltivati, intrisi di affetto, di abitudine al confronto, di una vitalissima capacità di dialogare.