Alla fine le saghe familiari si assomigliano. A metà fra un senso di predestinazione dovuto all'epopea del microcosmo analizzato e la storia personale lineare; la Roy gioca con un linguaggio tra il fantastico e l'infantile che pur senza guizzi eccessivi è comunque la cosa migliore del libro.
Il risultato finale è affasciante, affabulatorio e conquista; pur essendo in anticipo rispetto a molti altri (or ora mi viene in mente la Selasi) avendolo io letto solo ora ne riconosco degli echi di già sentito.