Finite da poco le ultime 150 pagine de "Il labirinto degli spiriti" del mio adorato, e compianto, Carlos Ruiz Zafòn. Ho divorato tutte queste pagine in un pomeriggio, catturata, stregata, sedotta dalla storia, dai personaggi, dallo stile di questo poderoso romanzo da più di 800 pagine. Quarto ed ultimo volume dedicato alla serie de "Il cimitero dei libri dimenticati", si è rivelato una lettura all'altezza - a mio modesto parere - del primo e perfetto "L'ombra del vento". Ritroviamo Daniel Sempere, suo padre Juan, sua moglie Beatriz e l'indimenticabile Fermìn Romero de Torres, uno dei personaggi migliori degli ultimi anni nel panorama della narrativa internazionale. Zafòn ha costruito un romanzo terribilmente affascinante, riproponendo al lettore figure che già aveva conosciuto nei precedenti volumi ma riuscendo a non stancare mai, anzi - l'ingresso di nuove figure come la misteriosa Alicia Gris e tutto il mondo dietro a loschi traffici di epoca franchista hanno solo arricchito un affresco difficilmente dimenticabile. Barcellona, con la sua aura di mistero gotico tipico dei romanzi di questo autore, è la scenografia perfetta per una storia piena di luci ed ombre, di colpi di scena e di tanto, ma tanto amore per i libri, con la geniale idea di un luogo magico come il Cimitero dei Libri Dimenticati: "Questo posto è un mistero. Un Santuario. Ogni libro, ogni volume che vedi, ha un'anima. L'anima di chi l'ha scritto, e l'anima di coloro che l'hanno letto e hanno vissuto e sognato con lui. Ogni volta che un libro cambia di mano, ogni volta che qualcuno fa scivolare lo sguardo sulle sue pagine, il suo spirito cresce e si rafforza. Ogni libro che vedi qui è stato il miglior amico di qualcuno". Ora che l'ho terminato, mi sento orfana, e più sola: è impossibile non affezionarsi a Daniel e alla sua tenerezza, non lasciarsi trascinare dall'ironia simpatica di quel mattacchione di Fermìn, non lasciarsi affascinare dal mistero di Alicia, non immaginare di entrare nella libreria dei Sempere e far parte della loro famiglia. Questo libro riesce a farti entrare a piedi pari dentro a tante storie, dentro a tante realtà, dalle più crude alle più tenere. Ma mi consola la grande verità che Zafòn fa scrivere a David Martìn: "Una storia non ha principio nè fine, soltanto porte d'ingresso. Una storia è un labirinto infinito di parole, immagini ed energie riunite per svelarci la verità invisibile su noi stessi. Una storia è, in definitiva, una conversazione fra chi la racconta e chi l'ascolta: un narratore può raccontare solo fin dove lo sorregge il mestiere, mentre un lettore può leggere fino a ciò che porta scritto nell'anima". E sono sicura che, grazie alle tante meravigliose pagine e storie che Zafòn ci ha regalato, il Cimitero dei Libri Dimenticati rimarrà per sempre nel mio cuore e nella mia memoria, con la sua luminosa magia e le sue ombre misteriose. Perchè "ci sono cose che si possono vedere soltanto fra le tenebre".