Un classico giallo della stanza chiusa ambientato nel Giappone del dopoguerra in un mondo affascinante quanto misterioso - ancor più perché fuori legge in quel periodo - quello dell'irezumi, il tatuaggio giapponese, che copriva grandi porzioni di torso e di braccia di chi se lo faceva applicare, con tutte le leggende relative ai personaggi mitologici che venivano raffigurati nel tatuaggio.
«Il tatuaggio è l’incarnazione della libido», ha detto uno psicologo. Da una parte abbiamo un lungo ago acuminato, dall’altra l’epidermide perforata, e liquido che sgorga. C’è chi dà e chi riceve: si possono chiaramente vedere, in quest’atto, le due facce di una stessa medaglia.
E anche se a risolvere il caso giunge ben oltre la metà della storia Kamizu Kyōsuke - un giovane medico legale, compagno di studi di Matsushita Kenzō, fratello dell'ispettore Matsushita Eiichirō, a cui sono affidate le indagini - gli indizi dell'autore mi avevano già messa sulla strada per comprendere parte della verità, sebbene solo un genio della logica come Kyōsuke - considerato il Maigret giapponese - avrebbe potuto risolvere il mistero della stanza chiusa.