«Mi vengono in mente i miei primi conseguimenti di scrittore. Eppure quegli anni furono colmi di ansia, di fallimenti, di povertà. Ma appena ti accasciavi, sbucava la caparbietà di recuperare la sconfitta. Vivere la pagina, la scrittura, le parole, la sintassi spericolata, i verbi attraverso un comporre di striscio: la punteggiatura saccheggiata per limare o acuire o chiarire il discorso; quando tagli; quando giustapponi le parole e i tempi per accreditare fin ciò che sospetti si possa dire; quando senti che essere scrittore è una condanna simile all’abbandono della gazzella nelle fauci del leone a capire l’avventura biologica. Fare lo scrittore è vivere tutte le vite senza realizzarne nessuna.»