“Ma basta: questa dunque è la tua casa, e tu ci tornerai sempre, ne sono sicuro, perché, a casa, sempre ci si ritorna; e anche per te è un giardino fatato, questa mia isoletta.
“Ci tornerai , sì; però, aggiungo: non ti fermerai mai molto tempo. Su ciò, caro padroncino, non voglio farmi illusioni. Quelli come te, che hanno due sangui diversi nelle vene, non trovano mai riposo né contentezza; e mentre sono là, vorrebbero trovarsi qua, e appena tornati qua, subito hanno voglia di scappar via. Tu te ne andrai da un luogo all’altro, come se fuggissi di prigione, o corressi in cerca di qualcuno; ma in realtà inseguirai soltanto le sorti diverse che si mischiano nel tuo sangue, perché il tuo sangue è come un animale doppio, è come un cavallo grifone, come una sirena. E potrai anche trovare una compagnia di tuo gusto, fra tanta gente che s’incontra al mondo; però, molto spesso, te ne starai solo. Un sangue-misto di rado si trova contento in compagnia: c’è sempre qualcosa che gli fa ombra, ma in realtà è lui che si fa ombra da se stesso, come il ladro e il tesoro, che si fanno ombra uno con l’altro.
“E a proposito adesso voglio dirti il sogno che ho fatto stanotte. Ho sognato di essere giovanotto, elegante, baldanzoso. Dovevo esser diventato un gran Vizir, o qualcosa di simile: ero vestito con un costume turco di seta sgargiante, del colore (dirò per dartene un’idea) dei girasoli; macché girasoli! più bello assai! Non è possibile trovargli un paragone adatto! Avevo un turbantino con una lunga penna, ai piedi due babbucce da ballerino, e me ne andavo canticchiando per un bel luogo delle parti dell’Asia, dove non c’era nessun’altra persona, in mezzo a prati tutti di rose. Ero contento, brioso, con la bocca dolce, e, intorno, sentivo sospirare. Ma a me pareva una cosa naturale quel sospiro (ecco le stranezze dei sogni) e, nel mio cervello, me ne spiegavo la ragione chiaramente. Questa spiegazione me la ricordo anche adesso da sveglio, ed è proprio una spiegazione logica, un vero conceto di filosofia (chi sa perché a me càpitano sempre dei sogni così straordinari). Senti se non è un bel concetto:
“Dunque, pare che alle anime viventi possano toccare due sorti: c’è chi nasce ape, e chi nasce rosa. Che fa lo sciame delle api, con la sua regina? Va, e ruba a tutte le rose un poco di miele, per portarselo nell’arnia, nelle sue stanzette. E la rosa? La rosa l’ha in se stessa, il proprio miele: miele di rose, il più adorato, il più prezioso! La cosa più dolce che innamora essa l’ha già in se stessa: non le serve cercarla altrove. Ma qualche volta sospirano di solitudine, le rose, questi esseri divini! Le rose ignoranti non capiscono i propri misteri.
“La prima di tutte le rose è Dio.
“Fra le due: la rosa e l’ape, secondo me, la più fortunata è l’ape. E l’Ape Regina, poi, ha una fortuna sovrana! Io, per esempio, sono nato Ape Regina. E tu, Wilhelm? Secondo me, tu, Wilhelm mio, sei nato col destino più dolce e col destino più amaro:
“tu sei l’ape e sei la rosa”.