Eccidio chiama eccidio, almeno nella mia curiosità. Questa è la saga di una famiglia armena, di una comunità di armeni in territorio Ottomano l’anno in cui il triumvirato al potere ne decise lo sterminio. Cominciò con l’uccisione di poeti e intellettuali, poi con i capifamiglia, poi costrinsero vecchi donne e bambini a incamminarsi verso il deserto, Deir-es-Zor oppure Ras-ul-Ain. Immaginatelo. Immaginate una carovana di vecchi donne e bambini in cammino, migliaia di persone con una unica destinazione, depredati dai curdi delle montagne e vessati, stuprati e uccisi da ‘zeptiè’ turchi incaricati di scortarli lungo il viaggio. Immaginate la fame e la sete che tolgono il senno. Vecchi donne e bambini. Senza cibo e acqua. Sotto il sole di luglio. senza speranza. Le donne della famiglia Arslanian assistono alla carneficina dei maschi della famiglia proprio alla Masseria delle allodole e poi si incamminano. La fine di un mondo. del mondo di ciascuno di loro. E occorre ucciderli tutti, per evitare la vendetta di chi resta. Non vi ricorda qualcosa? Lo sterminio, le marce della morte, il Male… dunque era già tutto accaduto. Certo, tutto accade e riaccade e ancora, ma stiamo parlando di decenni non di secoli. Dunque gli ebrei sapevano, ‘quel’ mondo sapeva e ne ho la certezza a pagina 149 dove una piccola nota mi dice del Mussa Dagh (monte di Mosè). ‘Franz Werfel, ebreo, negli anni ‘30 raccontò della strage degli armeni proprio mentre Hitler stava organizzando quella degli ebrei.’ Nessun anticorpo, nessuna difesa, la cieca fiducia nel denaro che compra anche le proprie vite: se quelli incarnarono il Male, questi furono la stupidità umana fatta agnello sacrificale. Oppure la Fiducia nella bontà dell’uomo perché senza questa saremmo sempre tutti vittime e carnefici contemporaneamente. Piccolo appunto: ho dovuto rileggere le prime 30 pagine, terminato il libro, per ritrovare la bambina che racconta e soprattutto il suo sguardo. R@