Ho modificato il sottotitolo del libro (“Un viaggio eretico nell’Italia che cambia”) per stigmatizzare oltremodo la denuncia di Marco Revelli a proposito di un Belpaese che non si stanca d’offrire il peggio a chi vi si accosta senza concedere troppo alla vulgata delle inesauribili bellezze.
Il viaggio prende piede da Torino, città ormai “ex” di tutto un poco. I quartieri periferici sorti all’inizio degli anni Sessanta, costruiti per accogliere la manodopera Fiat proveniente quasi in toto dal Sud, si distinguevano per la riproduzione degli spazi gerarchici esistenti all’interno della fabbrica: nei condomini-torre gli operai, nelle casette basse gli impiegati.
Interessantissimo l’accenno alle “Scuole moderne” degli inizi del Novecento, fondate un po’ ovunque, anche a Torino, sull’onda anarchica proveniente dalla monarchica Spagna. Gli operai erano formati a tutto tondo, assegnando loro gli strumenti culturali atti a sollevarli dal buco nero delle officine.
Poi vennero, sempre a Torino, i tempi (aprile 1945) dove si era alla vigilia della Liberazione, ma protestando a viso aperto, in fabbrica, voleva dire essere assassinati, per strada, dalle Brigate Nere.
Torino: grandi architetti. Torino: quartieri-ghetto. La speranza rotola, facilitata dal piano inclinato sociale originario.
Da Torino, poi, ai “fantasmi della Brianza”, al “Grande Nordest”. Macerie, e umane macerie. Quindi a Prato: macerie, umane macerie. La “Grande Bellezza” di Taranto. Con macerie, umane macerie. Per concludere, Lampedusa: notevoli le parole con le quali Erri De Luca è chiamato ad avviare il capitolo.
Un monolite oscura il sole. Lui, il sole, però, è sempre là.
Consiglio questo libro, non propriamente entusiasmante (e per gli argomenti, e per un Marco Revelli in tono "narrativo" a mio parere minore), soprattutto per la gran quantità di nozioni storiche e di attualità altrimenti difficilmente reperibili.