Ho iniziato a sfogliare "Quando cadono le stelle" di Gian Paolo Serino con l'inevitabile - e non di rado, giustificata - diffidenza che si ha verso i testi pubblicati da addetti ai lavori molto influenti nell'ambito editoriale, i quali magari si piccano d'essere, a tempo perso, dei piccoli Calasso. Ma mi sono dovuto ricredere già dal primo degli episodi che Serino dedica alle sue "stelle" (artisti figurativi, attori, scrittori, ecc) e ho proseguito con soddisfazione la lettura di questo godibilissimo divertissement. Elegante e intelligente, in alcuni punti sbalorditivo (dipende da quanto il lettore è edotto circa alcuni fatti privati delle "stelle" in oggetto, si veda ad esempio l'ardita ipotesi di un Hemingway alias "Ernestine"), ben strutturato, il libro culmina nel simpatico vaudeville pirandelliano finale. Spigolature aneddotiche a parte, il pregio maggiore resta - più evidente in certi racconti che in altri, meno riusciti - l'intertestualità o diciamo citazionismo "implicito" per cui nella storia narrata echeggiano altre storie e altre suggestioni (nel primo episodio, il migliore, si veda la spiaggia assolata ma deserta, un po' Fitzgerald un po' Mann, la morbosità schniztleriana, il ritratto "alla Zweig" dell'ambiziosa cameriera): così dall'omaggio esplicito all'artista in oggetto nasce e si dilata un carosello di altri, pertinenti rimandi che rievoca dunque tutta un'epoca a partire da un frammento. Di stella, ovviamente.