Dovessero riaffiorare, queste terre inabissate, potrei anche capirne la morfologia e azzardare qualche considerazione con l’ausilio della tettonica a placche. Invece mi trovo in una confusa dualità, tra la Londra acquatica e la brughiera inglese, a metà fra la nebbia in valpadana e le atmosfere lovecraftiane, tra un uomo incerto e una donna inconsapevole, incapaci (o cocciutamente egotici) di comunicarsi alcunché. Che fare? Li seguo in alternanza, mi impegno parecchio per capirne gli aneliti, mi industrio a penetrare le oscurità del linguaggio e le acrobazie alla Ionesco che fanno della narrazione un lontano omaggio a Edward Lear. La prendo così, con filosofia. Arranco fino alla fine e mi perdo nella bruma umidiccia. Mi staranno crescendo delle branchie?