Questa lettura mi ha permesso di scoprire la bravura di Anna Maria Ortese scrittrice che, non mi vergogno ad ammetterlo, finora non conoscevo.
Silenzio a Milano è un piccolo gioiello, nato da articoli giornalistici e altri scritti, sempre a metà fra racconto e cronaca e composti in maniera magistrale negli anni ’50.
Vi troviamo la Milano del successo, dell’inarrestabile ascesa e del progresso, raccontata però dalla parte di chi quel successo non potrà mai raggiungerlo. In fondo, il punto di vista dei perdenti.
Nonostante i quasi sessantacinque anni di distanza dalla sua prima pubblicazione, resta un documento attuale e prezioso al punto tale che il lettore ha la sensazione di esplorare un mondo di cui ha sentito parlare ma che in fondo è nuovo.
Davvero mirabile la descrizione della Stazione Centrale: che costruzione! Quante mura, quanto marmo, quanto ferro e vetro! Ciò nonostante sono le sensazioni e l’ambiente a colpire di più, con un mondo che lì si anima, si affanna e poi si spopola, dove chi viaggia crede di correre, e fisicamente è ciò che avviene, ma in realtà è portato, forse addirittura trascinato via.
La percezione della realtà che ha Anna Maria Ortese è incredibilmente attuale, con il suo porre l’accento sulla contrazione progressiva della personalità, il suo svuotarsi di significato. Forse perché i suoi personaggi, così reali, si muovono nelle loro esistenze con timidezza, senza fare alcun rumore, magari per non disturbare. Anche se a tratti sembra di scorgere qua e là i bagliori dei lampi di un temporale, da qualche parte, magari in un’altra vita. O forse si tratta semplicemente del riflesso di luci nelle lacrime di chi sente di aver già perso.