Youqing cominciò a dare una mano nel nostro pezzo di terra; un giorno che all'imbrunire stava estirpando con la zappa le erbacce nel campo di casa, mi chiamò mentre tornavo dal lavoro; mi avvicinai, il bambino accarezzava il manico della zappa e teneva la testa bassa:
- Ho imparato molte parole - disse.
- Bene.
Alzò la testa a guardarmi e aggiunse:
- Queste parole mi basteranno per tutta la vita.
Pensai che il bambino le sparava grosse e non feci troppa attenzione a ciò che intendeva dire. Gli risposi senza riflettere:
- Hai ancora molto da studiare.
Solo allora gli uscì la verità:
- Non voglio più andare a scuola.
Mi oscurai in volto a quelle parole:
- Così non va.
In realtà, ci avevo pensato anch'io, ma avevo scacciato quell'idea per via di Jiazhen: se Youqing lasciava la scuola, Jiazhen si sarebbe sentita in colpa per la propria malattia.
- Se non studi con il massimo impegno, ti ammazzo - gli dissi, ma mi pentì subito di quelle parole, in fondo era per la famiglia che Youqing non voleva più studiare; il fatto che quel bambino, a soli dodici anni fosse già così giudizioso, mi rendeva fiero e infelice allo stesso tempo. Non devo più picchiarlo o insultarlo senza ragione, pensai. Quel giorno andai in città a vendere la legna da ardere e quando ebbi finito, con cinque centesimi comprai a Youqing cinque caramelle, era la prima volta che io come padre compravo qualcosa a mio figlio, sentii che dovevo volergli bene con tutto il cuore.