Flannery O'Connor è stata una delle voci più importanti della narrativa americana contemporanea. Principalmente scrittrice di novelle, nelle quali il suo talento, secondo la critica, era più a fuoco, la O'Connor ha scritto anche romanzi e Wise Blood (La saggezza nel sangue, nell'edizione italiana) fu il suo primo esperimento in tal senso. Per la composizione del libro, l'autrice si servì di articoli/capitoli che aveva pubblicato su differenti riviste, adattandole alla forma più ampia del romanzo. Questo, per parlare della singolare figura di Hazel (detto Haze) Motes, un uomo - un veterano - che tornato da poco dall'Europa, luogo in cui aveva combattuto nella seconda guerra mondiale, si ritrova completamente solo e - direi - in una nuova guerra: quella da combattere con la propria anima tormentata. C'è un grande malessere, che pervade Hazel sin dall'infanzia. E questo deflagra definitivamente al suo ritorno, traducendosi in una enorme conflittualità con la fede, vissuta traumaticamente sin da bambino. Il protagonista proviene, infatti, dalla cosiddetta Bible Belt, il sud-est degli Stati Uniti, caratterizzato da una forte presenza del protestantesimo più intransigente, soprattutto evangelico. Il suo stesso nonno era un predicatore e nel romanzo vi sono vari accenni a come il clima e l'ambiente in cui Haze è cresciuto lo abbiano portato via via a respingere gli insegnamenti avuti, pur eccitandone la fantasia in modi autolesionistici (ma va detto che tale respingimento sembra avvenire più a livello conscio e razionale, che profondo e nascosto). Partendo da questi presupposti, comunque, la O'Connor sviluppa la sua tragedia annunciata, con grazia e brutalità. Infatti, gli eventi sono raccontati con una penna capace di intrattenere (la grazia), anche se l'inchiostro è quello del sangue e della spietata difficoltà di un mondo reale ed ostile (la brutalità). Hazel proclamerà, tornato in America, la nascita di una nuova chiesa, "La Chiesa senza Cristo", e da uomo che odia i pastori, diventerà pastore egli stesso, predicando contro l'esistenza del peccato originale, della caduta e della redenzione, perché - a suo modo di vedere - non c'era proprio nulla per cui peccare o esser perdonati. Né vi potrà, di conseguenza, essere un giudizio per l'uomo. Secondo Hazel, dunque, Cristo ha mentito e falsa è stata la sua missione. E questo non può che portare che a una chiesa priva Cristo e a vivere con la sola prospettiva dell'adesso. Eppure, è evidente che - mai come in questo caso - ciò che più si respinge è anche ciò che più si cerca. Più Hazel predica, più compie azioni di dubbia moralità, più viene usato e non capito e più chiaro diventa il fatto che questa anima - davvero in pena - ha bisogno di un qualche tipo di grazia. E forse proprio il tipo di grazia che fugge! E la sua morte, forse, rappresenta una grande liberazione da una prigione di dolore e incomprensione e rabbia, che lo ha intrappolato per tutta la vita. Nel suo vagare e predicare, il protagonista incontra diverse figure. E ciò che colpisce è che nell'immaginario di Flannery O'Connor nessuno si salva, il mondo è essenzialmente ostile e tutti cercano sempre di ottenere qualcosa da chiunque. Non sembra esistere gratuità. Verrebbe da dire che l'autrice ha costruito la scena del romanzo esagerandone i mali marcatamente; eppure ho percepito anche tanta verità in questa tormentata realtà che viene descritta. Mi sembra tutto fuorché irreale, soprattutto nel mondo contemporaneo. Poi certo, mostrare un'umanità così misera e piccola, da fare tenerezza e orrore al contempo, credo sia legato alle convinzioni cattoliche della scrittrice: ci serve un salvatore, un grazia. Probabilmente è questo che vuole dirci la O'Connor. Può non trovarmi d'accordo, ma non mi dà particolarmente fastidio questa sua visione, poiché v'è un punto di convergenza: bisogna agire bene, per ottenere qualcosa di buono. Wise Blood, il sangue saggio, è nominato da uno dei coprotagonisti di questa storia peculiare (Enoch Emery). La saggezza del sangue, a quanto ho inteso, è paragonabile a un istinto che ci guida, che ci trascina, anche, nelle varie situazioni e che dovrebbe guidarci verso un miglioramento, un innalzamento di noi stessi. E qui ci sarebbe molto da dire, perché non pare ci sia questa dinamica nel romanzo. Hazel è portato verso l'autodistruzione e la mortificazione di se stesso (ma qualcuno potrebbe dire che era questo ciò di cui aveva bisogno)... ed Enoch, l'ultima volta che appare, è vestito da gorilla. E si potrebbe pensare che l'autrice voglia ricordarci quanto siamo animali e come la nostra alta natura umana vada - ancora una volta - mortificata di fronte alla profondità della vita e all'altezza del cielo... il che, forse, è un concetto molto cattolico estremo (elevarsi attraverso il proprio ridimensionamento, il sacrificio, il dolore etc etc...), ma che può trovare il suo spazio anche in un certo relativismo tutt'altro che fideistico. Tutto questo rende Wise Blood una lettura intrigante e profonda, ricca di simbologie da scovare e rivelatrice di una mente con convinzioni marcate. La personalità della O'Connor risalta ed è un vero piacere leggerla, perché ti mette alla prova e ti fa pensare su piani più elevati. Certo, però, si nota anche che è un primo romanzo e che è stato scritto a partire da vari articoli. Ma rimane una buona prova, poiché di tutto rispetto è la mente di chi scrive. Sicuramente leggerò altro di suo.