Siamo al secondo volume della trilogia di cui si parla sopra. Laddove, nella trilogia si parla del Male, con la M maiuscola, mentre i titoli dei vari libri prevedono la m minuscola. E questo è un prequel quasi sequel, nel fascino immutabile del terzo film della serie “Ritorno al futuro”. Cioè, si colloca a cavallo del primo volume, qui essendo la prima parte precedente all’inizio del primo, e la seconda parte, subito dopo gli avvenimenti centrali del primo. Facendo un riassunto temporale, il primo aveva il nucleo centrale nel 1982, con una robusta appendice dopo il 2005. Qui, metà libro è consacrato alle vicende di Mike Balistreri dal 1958 al 1970, per poi dedicare la seconda parte ad avvenimenti subito successivi al nucleo precedente, praticamente dal 1982 ai primi mesi del 1983. Tutto per arrivare a riempire ben settecento pagine di romanzo. Che sono di certo eccessive, anche troppe nella prima parte (trecentonovanta pagine per arrivare agli anni Settanta, con una vicenda complessa, ma anche sfrondabile in qualcosa meno). Poi si dedicano trecento pagine alla vicenda poliziesca in senso stretto, con lo stesso marchio del precedente: molti possibili colpevoli, che vengono decolpevolizzati uno per volta, sino ad arrivare al nucleo centrale, quello di chi deve pagare il fio. Ovvio sia il rimando all’autore stesso, che anche lui nacque in quel di Tripoli italiana. Quindi, c’è probabilmente molto dei ricordi e dei pensieri di Costantini stesso in tutta la parte relativa alla giovinezza e adolescenza di Mike in terra libica. Qui l’autore si imbarca in una trama complessa, laddove cerca di inserire i personaggi in una visione storica “reale” delle vicende. Il padre di Mike, faccendiere italiano di origini siciliane, sempre dedito ad affari al limite della liceità, tutto teso a trovare il modo di sfruttare il petrolio libico, in barba agli americani. La parte libica si incentra quindi su tre famiglie: i Balistreri, dove oltre al padre, abbiamo la madre Italia, fascista dichiarata e mai doma, ed il fratello Alberto (ci sarebbe anche il nonno, ma andremo troppo in complicazioni); gli Hunt, i loro amici americani, William, legato agli ambienti militari, forse spia esso stesso, la bella e dissoluta moglie Marlene, e la figlia Laura; ed i libici, la famiglia Al Bakri, con il padre Mohammed, ed i figli, Farid e Salim, della prima moglie, Karim, Ahmed e Nadia, della seconda. Come detto questa parte si spande dal festival di Sanremo del ’58 (quello di Modugno) che tutti vedono insieme, sino alla cacciata degli italiani dalla Libia nel ’70 da parte di Gheddafi. Vediamo nascere amicizia (tra Ahmed, Karim, Mike e Nico, il povero, balbuziente, figlio del benzinaio locale), momenti epici, crescite, amori (Mike sarà sempre innamorato di Laura, nonostante per rabbia vada a letto con la madre, perdendo sé stesso, Laura, la madre Italia e non so che altro), ma anche assassinii e morti. C’è una donna nera uccisa con la figlia di nove mesi e ritrovata in un letamaio. C’è la morte di Nadia, seviziata e ritrovata senza il dito indice. Ci sono tanti possibili colpevoli, oltre quelli sopra citati. C’è don Eugenio, prete un po’ pedofilo e destinato ad una grande carriera, e c’è Emilio Busi, comunista con rolex, anche lui con molte ombre e poche luci. Mike cerca, da giovane impulsivo, di far luce sulla vicenda, ma tutti hanno un alibi, o cercano di coprirsi a vicenda. Anche Italia, che lo aiuta, sembra non trovare prove. Tutto però è immerso nel brodo della politica, che Balistreri senior, con Busi ed altri, appoggerà la rivoluzione del giovane colonnello Gheddafi, mentre Hunt cercherà di fermarlo. Intrecci anche di gelosie ed amori tra le famiglie. Intrecci con i 4 amici, che riparano in Egitto, fanno fortuna. Ma Karim si avvicina troppo ai Fratelli Mussulmani, Mike viene coinvolto in un possibile attentato a Gheddafi, dove qualcuno lo ferma. Dove Italia sembra avere le prove del tradimento degli italiani, ma muore anch’essa, non si sa se suicida o altro. Insomma, un guazzabuglione in cui l’autore mette di tutto. Poi tutti vanno in diaspora, o almeno i vivi, che nel frattempo, per motivi vari, Mike uccide Selim e Ahmed. E ritroviamo il nostro commissario di polizia nel 1982. Qui si intreccia la vicenda da “Ritorno al futuro”, che Costantini piazza il clou della storia proprio nello stesso anno centrale del libro precedente. Quindi deve star attento a far coincidere azioni e sentimenti. Vediamo ricomparire Angelo, vediamo di sfuggita la storia della morte di Elisa, sopra narrata, ed iniziamo tutta un’altra storia, come se le prime 400 pagine fossero poco sufficienti. C’è il mentore di Mike, il commissario Teodori che si avvia alla morte per cancro, e chiede a Mike di proteggere la figlia Claudia. Questa aveva provocato un incidente stradale dove muore la sua amica del cuore Deborah. Poco dopo viene trovata morta anche un’argentina di nome Anita Messi (fantasia sfrenata sui cognomi…). Tutte con l’indice monco. Così che il nostro Mike non si perita di trovare un super-collegamento tra le morti attuali e passate. Tutta la seconda parte, poi, è immersa nel mondo della televisione. Dove vengono inseriti personaggi loschi (dediti allo spaccio), poco simpatici (dediti all’arrassement), e tronfi con moglie al seguito (lui le scopa una volta, poi le passa alla moglie). Il tutto legato al traffico della droga, a collegamenti con il Sudamerica, ma anche con le mafie siciliane, dove risbucano fuori anche gli zii del nostro Mike. Un guazzabuglione che la metà basta. Certo Costantini riesce a non perdere la bussola, anche se la nostra ogni tanto va fuori rotta. Ci saranno morti inutili, ci sarà un collegamento lasco con la natia Tripoli, che però dovrà finire ben presto, ci sarà una vendetta che parte dal passato. Insomma, buona parte dei “misteri” vengono alla luce. Rimane sola la morte di Italia, la madre di Mike, che sempre più si avvicina al suicidio. Rimangono inoltre in ombra le possibili evoluzioni di vari personaggi (il prete, il faccendiere, il padre), che forse avranno soluzioni in altre uscite, aspettando di leggere il terzo volume. Per noi cultori del genere, rimane il dispiacere dell’impossibilità di arrivare agli indizi base. Questi sembrano legati ad una scritta autografa di Italia: “controllare m”. Ora, in stampa si può fare poco, ma essendo autografa quell’m poteva destare dei sospetti. Mentre se si poteva utilizzare una scrittura orizzontale tipo E si poteva destare qualche ipotesi maggiore sulla soluzione di qualche mistero. Comunque, queste radici del male ci rimandano alla natura del personaggio “Balistreri” che, pur con dei tratti interessanti, per la sua evoluzione rimane ancora un elemento che non mi convince totalmente. Insomma, bella scrittura, capacità di gestire situazioni complesse, ma troppo teso a voler dire di tutto e di più non su di un giallo in sé, ma su tutto lo scibile umano. Un solo esempio: la foto di Gheddafi con Balistreri senior che getta un’ipotesi di complotto non verificato su tutta la vicenda libica.