Difficile scrivere qualcosa riguardo questo romanzo. I suoi capitoli sono frammenti di memoria, quasi tutti del protagonista Mario, spesso in bilico tra realtà e fantasia. Mario vive tre vite o almeno così sembra, tutte raccontate senza ordine cronologico e, a volte, nemmeno logico. Al di là di questo, volto a generare una sensazione di smarrimento, il romanzo si sofferma troppo sulle vicende morbose dei suoi personaggi. Le pratiche estreme sembrano nascere dal nulla, non hanno una genesi che in qualche modo le giustifichi. L'autore non riesce a creare empatia tra i personaggi, a cominciare proprio da Mario, e il lettore, nonostante l'ottima scrittura. Il suo stile è scorrevole e brillante ma diventa indigesto nel capitolo "Una lettera" e in quelli successivi, con continue ripetizioni (appunto) e un paranoico soffermarsi su dettagli inutili. Non so se Mozzi voleva suscitare disgusto o liberare le sue fantasie perverse ma, questo dubbio la sola cosa che alla fine mi è rimasta del romanzo. Nient'altro. Non un libro per tutti, questo è certo.