Un libro irritante (a partire da una prosa fatta di brevi frasette dalla sintassi rarefatta) e ‘inautentico’, in cui la Vinci finge di mettere in scena la crudele dissezione di un rapporto amoroso, ma in realtà si compiace della sua sofferenza tanto quando delle sue ossa del bacino sporgenti.
Un libro che nasconde un’idea immatura e infantile, ma soprattutto profondamente malsana, dell’amore come di un qualcosa che, per essere tale, ti deve fare male, devastare, ridurre a brandelli.
Di lei e di lui nulla o quasi sappiamo se non che:
1) entrambi si mentono a vicenda sin dal principio, entrambi tendono al controllo psicologico e alla manipolazione dell’altro ed entrambi sono profondamente innamorati di loro stessi e della loro ‘intellettualità’;
2) lui mantiene in piedi contemporaneamente più relazioni sentimentali, va da sempre abitualmente a puttane e sa ferirla come nessuno mai, anche se in che modo e perché non ci è dato sapere;
3) lei, dopo una prima delusione amorosa adolescenziale, preferisce scappare quando i rapporti si fanno ‘normali’ per paura di essere ferita, incapace di comprendere che tra l’accontentarsi del primo pene mediocre che passa e annoiarsi all-life-long e il trovare uno che ti scopa a dovere ma poi ti scarnifica e ti svuota e fa di te la sua puttana in servizio permanente effettivo h24, beh, esistono milioni di sfumature.
Perché pure a me, come alla Vinci, piace uno che, di base, ti scopi come cristo comanda, che a letto ti tratti da femmina e che in quei momenti veda solo quello. Solo che il soggiogare (di lui) e il mettersi a disposizione (di lei) sono belli solo nel sesso e il “fuori dal letto nessuna pietà” lasciamolo alla canzone di Marco Ferradini. Fuori dal letto i rapporti di coppia sani sono quelli in cui vi sono la tenerezza, il
calore, la condivisione, tutte cose che non sono nemiche né della passione né della libertà.
La Vinci ‘perde’ con il suo V.T. (Vitaliano Trevisan) perché non prova veramente, perché non si mette veramente in gioco; si chiamano profezie autoavverantesi.