Avrebbe dovuto essere il grande capolavoro di Capote, ma è rimasto un libro incompiuto. Quando le storie, per volere dell’autore, comparvero su Esquire la carriera di Capote ebbe un arresto. Tutti i membri del jet set americano, che fino a quel momento lo avevano apprezzato contribuendo a lanciarne la carriera, che lo avevano accolto alle loro feste nei loro locali preferiti, gli voltarono le spalle quando si ritrovarono, pur sotto pseudonimo, tra i protagonisti delle sue storie.
Capote pensava fossero tutti troppi stupidi per riconoscersi nei suoi personaggi, ma peccò di presunzione.
Di preghiere esaudite ho amato le parti in cui viene fuori lo stile di Capote, ironico e auto ironico, non risparmia nulla nemmeno al suo alter ego, e la capacità di raccontare i lati più umani e gli “scivoloni” dei protagonisti.
Purtroppo però spesso prende il sopravvento un tono che ho trovato “indelicato”, che definirei quasi rancoroso e sprezzante, come il solo fatto che Capote fosse convinto che le stesse persone che ne amavano la scrittura fossero comunque troppo stupide per capirla fino in fondo. A tratti siamo di fronte quasi al peggior gossip da rivista.