C’è un infanzia spensierata e libera da condizionamenti. Che finisce, all’incirca, quando si comincia a studiare matematica. La tabellina del 2 catapulta ogni bambino in un mondo che è fatto di cose e di numeri. Ergo: di realtà (soggettiva) e di concetti (universali). A 6/7 anni si comincia a capire il senso di parole come educazione, rispetto degli altri, buon senso. Prima di allora, invece, il mondo è spensieratamente diviso in divieti e cose che, di nascosto, sono sempre lecite. Uno dei miei incoffessabili piaceri di bambina era infilarmi le dita nel naso e attaccare tracce di me ovunque. Lo facevo di nascosto e più volentieri in situazioni di pericolo, quando essere scoperti era un attimo. Le mie caccole disseminate per il mondo erano una rivolta silenziosa, un trionfo di libertà, la mia rivoluzione di bambina. Naturalmente, ho smesso presto perché dopo un po’ ogni rivoluzione, se non cambia niente, perde il suo gusto.<br />Ecco: se vi ha disgustato leggere quello che ho appena scritto, evitate di acquistare ‘Zone Umide’ il romanzo di Charlotte Roche appena pubblicato in Italia da Rizzoli [tit. or. Feuchtgebiete, oct. 08, Collana: 24/7 NARRATIVA STRANIERA, 195 pp., 15,00€]. In pochi mesi, il libro ha raggiunto le vette di vendita di Amazon ed è stato tradotto in venticinque paesi. Un successo inaspettato, soprattutto dato il contenuto. Zone Umide è un inno allo schifo, uno schiaffo al senso del pudore e della decenza. E la sua protagonista, la diciottenne Helen Memel, che ama profondamente le sue emorroidi e ognuno dei suoi umori corporei, è diventata in pochi mesi l’idolo di milioni di donne in tutto il mondo. Un caso, non c’è che dire, poiché siamo di norma abituate ad eroine adolescenti vergini, che sospirano ascoltando Tiziano Ferro, leggono Moccia e sognano di coronare un amore con un lucchetto a Ponte Milvio o cambiando il proprio stato su Facebook. Quando inizia la storia, Helen è in ospedale per una ferita anale procuratasi durante una depilazione estrema. Nelle pagine seguiamo l’evolversi della sua operazione e della degenza durante la quale, nonostante la grave menomazione, non perderà tempo e sedurrà l’infermiere Robin. Ci sono due Helen che impariamo a conoscere. La prima sfacciata, che ama il suo smegma e che si masturba con i semi di avocado, che si è fatta sterilizzare per poter fare sesso occasionale con chiunque, che se ne frega dell’igiene e che fa esattamente il contrario di quello che la mamma, femminista rigorosa, le ha insegnato per tenere il proprio corpo di donna perfetto e inodore. L’altra Helen è, invece, una ragazzina estremamente fragile che soffre per la separazione dei propri genitori e che sogna di ricongiungerli con qualunque mezzo possibile, perfino riaprirsi la ferita per prolungare la degenza. Quello su cui riflettiamo, leggendo il libro di Charlotte Roche, è innanzitutto un senso d’igiene quasi fanatico imposto alle donne, come se gli odori e gli umori di ognuno fossero fonte di imbarazzo. E ci chiediamo se davvero vale la pena di perdere tempo e spendere soldi per diventare corpi di plastica o se, forse, la sensualità ha a che fare anche con la riscoperta del corpo. La seconda considerazione, più letteraria, è il successo planetario di un libro che si basa sul continuo superamento di ogni possibile tabù, che cerca di scandalizzare anche il lettore più open mind. Davvero viene da chiedersi se Helen sia solo un’adolescente con un bisogno di attenzione al limite del patologico o se sia l’eroina sfacciata di molte donne stanche di avere come unico riferimento barbie di plastica, senza cervello e senza odore.