Certi testi fanno comprendere quanto sia difficile interpretare la Storia, detti e fatti compiuti da altri, tanto tempo fa, eppure quanto sia importante farlo, e irrinunciabile, quasi un dovere civico, continuamente da rinnovare, perché l’interpretazione può cambiare, mutare, regredire, affinarsi, inrozzirsi, dirozzarsi, evolvere. Ad esempio questo (interessante) testo, scritto alla fine degli anni ’80 del XX secolo, erede della tradizione storiografica marxista dei precedenti ’60 e ’70, manifesta una certa simpatia per la Montagna, se non altro il giudizio verso di essa di aver saputo leggere i propri tempi, rispondervi e adattarvisi e guidarli insieme, e fondamentalmente "vincere la partita" su tutti i suoi notevoli avversari (cosa che non era scontata), almeno fino al 9 Termidoro, e un corrispettivo giudizio poco lusinghiero verso la Gironda, per aver saputo fare poco o male o per niente le medesime cose. Oggi, dopo trenta anni di incontrastato dominio liberaldemocratico in Occidente, il giudizio per la maggiore si è, direi, ribaltato completamente: eroici sconfitti i Girondini, abbattuti ma "dalla parte giusta” della Storia delle Idee, e opportunisti, ipocriti, populisti, pre-fascisti, comunque pressoché farabutti, i Montagnardi.