«Un evento di tale importanza non bisogna lasciarlo affondare nella coscienza. Ogni tanto bisogna farlo riemergere, 'sine ira', come una cosa inerte, per assodare che ci si è liberati dal suo influsso e che non contiene più nessun veleno.»
E di suggerimenti di buon senso, in questo romanzo, ce ne sono parecchi; diciamo che va piuttosto nel profondo nell'analisi degli animi e delle dinamiche nei rapporti umani in tutti gli ambiti fondamentali dell'esistenza.
«Un uomo che ha tempo nel momento stesso in cui la mancanza di tempo lo mette alle strette, che è sempre lì quando ci si augura segretamente che arrivi, che non è semplicemente 'di passaggio' ma si trattiene: tranquillo, senza guardare l'orologio, tutto intero con armi e bagagli, per così dire, con una generosità vicino allo sperpero, capace di fare di cinque minuti un'ora e di ogni ora un rigoglio di vita. Era meraviglioso, le dava la sensazione di essere un’eletta.»
Psicoanalitico, spirituale, astratto e speculativo, non è il massimo della scorrevolezza, (come il precedente "Il caso Maurizius" d'altronde), e si entra un po' a fatica in questa seconda parte della trilogia, però non è un libro che viene voglia di abbandonare, anche se il ritmo non è battente, anche se macina lento, ma a questa lentezza proustiana ci si adegua volentieri quando è scritta così bene. E, una volta dentro, la plumbea Berlino ai tempi della Weimar diventa un luogo affascinante, pur nella sua cupezza.
Dopo aver letto Il caso Maurizius, ho pensato di proseguire nella scoperta di un autore a me totalmente sconosciuto. Questo secondo titolo è certamente meno "avvincente" del primo, che talvolta viene presentato come romanzo di "genere": qui la trama è del tutto inconsistente e sproporzionata rispetto alle dimensioni del libro (oltre 500 pagine).
La scrittura di Wasserman è però tremendamente analitica nella descrizione dei personaggi, dei loro caratteri, delle loro vicissitudini interiori, delle relazioni reciproche e il risultato è che nonostante una innegabile fatica mi sono imposto di arrivare fino alla fine e ne è valsa la pena, al punto che credo affronterò anche l'ultimo volume della trilogia.
Interessante il rapporto fra i personaggi (e l'autore) e il momento storico in cui il libro è stato scritto e la vicenda si svolge: siamo alle soglie dell'avvento del nazismo al potere e non mancano i riferimenti alle turbolenze sociali e politiche che attraversavano la Berlino di quegli anni, ma la prospettiva che Wasserman propone è tutta psicologica e interna all'animo dei personaggi, dei giovani soprattutto, disorientati e segnati dalle ferite della guerra che ha decimato la generazione dei padri.
Ma si tratta di riferimenti, di accenni di contesto: i personaggi e le loro vicissitudini sembrano svolgersi in un tempo sospeso, che personalmente ho collocato in un imprecisato '800 letterario, al punto che quando spuntano telefoni, automobili, motociclette e anche aerei mi sono sentito un po' spiazzato. D'altra parte non credo si tratti solo di una mia impressione: l'immagine di copertina dell'edizione Fazi è esemplare della tendenza a retrodatare il romanzo.