Casa d'altri... monti miei.
Eugenio Montale lo ha definito “il racconto perfetto”, Tondelli ne tesseva le lodi.
Per me è una bis, bis rilettura. Lo faccio sempre in gennaio, quando il tempo è quello, e dalle mie finestre si vedono in lontananza quei monti, se non c’è bruma che li nasconda, quei calanchi viola, quando là è nel pieno la morta stagione, gli sterpi secchi, le passere uccise dal freddo, la notte che arriva alle sei, i fossi ghiacciati, i vecchi che se ne muoiono in fila, … e io li porto al cimitero di monte, e i bambini che per l’intera stagione se ne stanno dentro le stalle a scaldarsi col fiato dei muli. Un inverno di cinque o sei mesi.
Un racconto, il primo, quello che dà il nome a tutti, che è una piccola perla, dove non succede nulla, perché nulla succede lì da trent’anni, tra un pugno di case sperduto tra i monti, più livide e fredde del sasso... sette case addossate e nient’altro: più due strade di sassi, un cortile che chiamano piazza, e uno stagno e un canale, e montagne fin quanto ne vuoi.
Eppure lì, per un prete che si sente, ormai, solo un prete da sagre e nient’altro, giusto per un matrimonio alla buona e dottrina ai ragazzi, e metter d’accordo anche sette caprai per un fazzoletto di pascolo… o se un marito cominciava a usare un po’ troppo la cinghia in quel mondo chiuso dove la luce al tramonto si fa densa di ombre, proprio l’ora, capite, che la tristezza di vivere sembra venir su assieme al buio e non sapete a chi darne la colpa: brutt’ora., proprio lì accade qualcosa. Una vecchia mai vista, una non del suo gregge, ha il coraggio di porgli una domanda, una a cui non sa rispondere, a cui non è più preparato. Ma per trovarlo, quel coraggio, le ci vuole del tempo, a lei che si sente come la capra che l’accompagna ogni giorno nella sua vita magra di lavoro e miseria.
"E anche nel mangiare non c’è gran differenza, perchè lei mangia l’erba, e io radicchi e insalata, e la differenza sta solo nel pane.
E per riuscirci, per buttar fuori quel rospo che le rimane nel gozzo, chiede al prete di voltarsi, “Va bene-decise- E io ve lo dico anche. Ma allora voi vi voltate da un’altra parte, e non mi state a guardare più in faccia” . E io feci anche questo. Vi assicuro che mi voltai verso il muro, come quando qualcuno si sveste
Non accade nulla in questo racconto. Accade il mistero, quello che in certi momenti è dentro ognuno di noi. Non una parola di troppo. Solo congiunzioni necessarie, se e quando servono. Poesia pura.
Peccato aver perso Ezio Comparoni, alias Silvio d’Arzo, per una leucemia a 33 anni. Sarebbe diventato un grande.
P.s. Segnalo, per chi non lo sapesse, che il luogo di cui parla il racconto altro non sarebbe che Cerreto Alpi, luogo nativo di sua madre, dove, grazie a una bella iniziativa, sono affisse per il paese, seguendo un percorso letterario, Pagine di pietra, dei pannelli con le parole che in Casa d’altri ritraggono il borgo, appesi ai muri delle case come fogli di romanzo. Un'alternativa ai visitatori del passo del Cerreto da non perdere.