E' la prima volta, e forse l'ultima, che recensisco un libro senza averlo finito, ma c'è un preciso motivo. Il volume di Valerio Riva si divide in due parti ben distinte: da pagina 1 a pagina 641 è la cronaca vera e propria dei 72 anni di finanziamenti occulti di Mosca al PCI. Da pag. 643 a pagina 864 è riportata la raccolta dei documenti che supportano in modo puntuale l'inchiesta dell'Autore. Da lettore non professionista mi sono ovviamente limitato alla parte descrittiva. "Oro da Mosca" è dunque un testo non solo da leggere ma da consultare, specialmente da parte degli addetti ai lavori. L'Autore tiene a precisare che la documentazione riguardante i finanziamenti non è completa, molti documenti sono ancora segreti e probabilmente lo rimarranno ancora per molto tempo, se pure verranno mai resi pubblici. Forse per la sua mole, e per il suo carattere di ricerca non solo giornalistica ma accademica, non credo che il libro facesse molto parlare di sé al momento della sua pubblicazione (1999).. L'inchiesta di Valerio Riva si può interpretare come risposta all'imperversare di Mani Pulite nello stesso periodo, che distrusse i partiti storici della Prima Repubblica ma risparmiò - non a caso - il solo PCI, che quanto a finanziamenti (stimati in complessivi 800 miliardi di lire dal 1917 al 1999) incassò probabilmente ben più di tutte le bustarelle di Mani Pulite messe assieme. Come dobbiamo leggere questo libro, specialmente ora, alla luce di quanto sta succedendo in Ucraina? Quanto la Russia di Putin ha a che vedere con l'apparato ideologico dell'Unione Sovietica, che non esitò a sacrificare nemmeno in questo caso il benessere del proprio popolo, distogliendo enormi somme di denaro a beneficio di campagne finalizzate alla propaganda e non di rado alla sovversione? Il paragone con il Russiagate si presenta spontaneamente. Anche se alla Russia di Putin manca il collante ideologico internazionalista del PCUS, a quanto pare non è venuta meno la tendenza a influenzare e manipolare l'opinione pubblica di altri paesi, con particolare riferimento a quelli europei. Un gioco che tra grandi potenze è considerato perfettamente legittimo, comunque. Gli USA hanno sempre cinicamente ammesso di aver fatto e di fare altrettanto. Tuttavia, è degno di nota che proprio il PCI sia stato il destinatario della quota maggiore dei finanziamenti sovietici, specialmente negli anni '50-'70. Evidentemente il gruppo dirigente del PCUS annetteva una grande importanza all'Italia, sia dal punto di vista politico (dato il prestigio culturale del nostro paese, una vittoria del PCI avrebbe avuto una risonanza mondiale e forse anche un effetto domino su altri paesi occidentali) sia da quello strategico (l'Italia è in posizione al tempo stesso vulnerabile e dominante nel Mediterraneo, a seconda dei mezzi militari di cui può disporre chi la controlla). I finanziamenti non venivano erogati soltanto attraverso canali più o meno segreti, con corrieri e valigie piene di denaro contante (in dollari), il cui invio veniva disposto direttamente dal Politburo anno per anno, ma anche attraverso una fittissima rete di imprese, import-export, cooperative, proprietà immobiliari, canali bancari. In queste attività i funzionari e i prestanome comunisti mostrarono una capacità imprenditoriale che non aveva niente da invidiare ai tanto vituperati capitalisti (la COOP insegna). Non ho potuto fare a meno di pensare ai maiali di "Animal Farm": al di là degli slogan, facevano affari d'oro proprio con gli umani, fino a identificarsi totalmente con loro. La trama dei rapporti politici ed economici descritti nel libro è incredibilmente complessa sia perché copre settantadue anni di storia, sia perché in queste attività furono coinvolte centinaia e centinaia di persone in tutti i ruoli e a tutti i livelli. E' una affascinante lettura di storia dietro le quinte. Dietro quei finanziamenti occulti c'erano idealisti e affaristi, lotte di potere, rivalità, anche ambigui rapporti con il terrorismo e la sovversione armata. E' rimarchevole come Enrico Berlinguer avesse tentato sinceramente di affrancare il PCI dalla soffocante tutela di Mosca, ma al tempo stesso fosse dipendente dai suoi finanziamenti per le costose campagne elettorali e il lavoro di propaganda in un momento che sembrava più che mai propizio per la vittoria del suo partito. La storia dei finanziamenti ai partiti comunisti finisce con il crollo dell'URSS, ma resta una domanda: ne valeva la pena? Uno sforzo così gigantesco sembra non avere prodotto nulla dal punto di vista elettorale né tantomeno da quello economico. In realtà, il PCI ha saputo mettere in pratica la lezione gramsciana della "guerra di posizione": occupare le università, i media, i giornali, le case editrici, la scuola, in modo da imporre un pensiero unico che ha impoverito gravemente la ricerca e la cultura, ed è riuscito a soffocare una inchiesta rigorosa e ben documentata come questa.